La Terza Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto si è pronunciata sul ricorso di un uomo dopo il mancato rinnovo della licenza del porto di fucile ad uso caccia. Secondo la Questura, ha pesato sul giudizio la condanna per associazione a delinquere per furto (dal 2002 al 2003 per la precisione). Il cacciatore ha lamentato il fatto che sia intervenuta nel frattempo la riabilitazione per valutare in concreto la sua pericolosità.
Gli oltre dieci anni trascorsi dai reati sono stati considerati sufficienti dal ricorrente per il via libera al rinnovo, ma così non è stato. Il TAR ha però respinto il ricorso per diversi motivi. Anzitutto, i reati di questa persona rientrano tra quelli del primo comma dell’articolo 43 del TULPS (il Testo Unico sulle Leggi di Pubblica Sicurezza). Inoltre, gli orientamenti della giurisprudenza sono stati contrastanti nel corso del tempo.
I giudici hanno preferito seguire la strada di una recente sentenza del Consiglio di Stato, secondo cui diversi reati non possono far rinnovare il porto d’armi nemmeno con la riabilitazione penale. Tra l’altro, per il Tribunale questa valutazione è discrezionale. La sentenza si riferisce a pochissimi giorni fa e rappresenterà di sicuro un precedente “pesante” nell’esame di casi simili e con caratteristiche identiche.