È legittima la revoca della qualifica di guardia giurata zoofila, disposta dal Prefetto nei confronti di una guardia che ha esercitato poteri di vigilanza ex art. 6, comma 2, l. 20 luglio 2004, n. 189 in ambito protezionistico, su animali diversi da quelli di affezione – rientrando in tale categoria esclusivamente gli animali domestici o di compagnia con esclusione della fauna selvatica -, senza essere in possesso della qualifica di guardia venatoria volontaria e ciò in quanto – a tenore degli articoli 9 e 10 del TULPS – l’abuso del titolo è sufficiente per dubitare della permanenza del requisito dell’affidabilità, presupposto necessario per il conferimento di una qualifica autorizzativa di una attività di polizia.
Questa la conclusione a cui è giunto il Consiglio di Stato dopo aver esaminato il ricorso di una Guardia Zoofila grossetana che, senza essere in possesso della qualifica di GGVV aveva elevato verbali in materia di attività venatoria. Alla Guardia Zoofila la Prefettura di Grosseto aveva ritirato il decreto dopo aver contestato l’abuso di titolo della guardia suddetta che pur avendo competenza sui soli animali di affezione, non solo aveva controllato dei praticanti l’attività venatoria, ma addirittura, aveva elevato una quindicina di verbali senza averne il titolo.
Questo pronunciamento del Consiglio di stato mette ordine in alcune sentenze della Cassazione che in merito a situazioni diverse, aveva a volte ammesso la competenza delle guardie zoofile in campo venatorio e altre volte limitato il campo d’azione di suddette guardie ai soli animali di affezione. La sentenza, che trovate allegata sotto in forma integrale, sposa la seconda ipotesi, negando la competenza e quindi la possibilità di controllo delle guardie zoofile sull’attività venatoria.