Merkel Helix RX: Il movimento in linea sta guadagnando favori nei fucili rigati prestandosi al tiro su selvatici in movimento così come in quello a fermo sulla lunga distanza: con le ottiche di ultimissima generazione si dispone di un insieme formidabile per queste esigenze e i risultati sono appaganti.
di Emanuele Tabasso
Un paio di anni fa la Merkel presentava all’IWA di Norimberga la sua nuova realizzazione nel campo della canna rigata: il modello Helix RX. La famosa Casa di Suhl mantiene tuttora in listino una vasta tipologia delle canne lunghe spaziando dalle doppiette di piccolo calibro ai fucili misti cari alla tradizione mitteleuropea, alle carabine di vario genere, con ripetizione manuale o semiautomatica. Le mode e i modi di caccia mutano nel tempo e l’avanzata del sistema tedesco delle caccie a spingere ha creato nuove esigenze nel campo armiero: questa pratica sorta per motivi funzionali, coreografici e di aggregazione ha quasi subito bandito l’impiego dei semiauto rigati, considerati poco sportivi, privilegiando l’arma lunga con ripetizione manuale. Intuendo come un tradizionale movimento girevole e scorrevole consenta di ripetere i colpi con minor celerità e con maggiore scostamento della punteria dal bersaglio si è pensato a qualcos’altro. Si sono riviste le meccaniche militari di Steyr e di Schmidt Rubin con movimento in linea e nate sul finire dell’Ottocento, passando a sistemi inusuali come il Blaser con chiusure derivate da applicazioni non armiere, o mutuate dal proprio semiauto come Browning.
Merkel ha realizzato un insieme di tradizione e di novità con doti peculiari.
I punti fermi nella progettazione dell’arma vedono la versatilità, la scomponibilità e quindi il facile trasporto, la resa balistica e i temi sono stati svolti nel modo seguente. Si ha un rapido sistema di cambio canna/calibro e un otturatore con testina separabile dal carrello dotato di chiusura ad alette multiple direttamente nelle mortise fresate nella culatta della canna stessa. Tre diverse testine sono dimensionate per altrettanti gruppi di calibri così da coprire, con spese proporzionalmente ridotte, il ventaglio di prede a cui ci si intende dedicare. Il vantaggio si riverbera sulla facilità di trasporto: con tre canne e altrettante testine si spazia dalla marmotta al capriolo, dal cervo al bufalo e, volendo si può ridurre a due il numero delle testine, magari giocando un poco di più sulle canne. Se i primi due elementi in gioco sono di facile verifica, la resa balistica necessita di una prova sul campo: abbiamo così esperito prove in poligono e sul terreno venatorio, in prima persona o coadiuvati da amici di provata capacità che, con noi, hanno potuto sondare le prerogative di questo fucile su cui, sottolineiamo, la ditta Bignami SpA di Ora/Auer (BZ) ha montato l’ultimo cannocchiale Zeiss giunto sul mercato, la punta di diamante della prestigiosa ditta di Wetzlar, il modello Victory V8 1,8-14×50.
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Qualche nota tecnica:
Il castello viene ricavato di fresa da un blocco di lega leggera e nella sua forma chiusa il carrello otturatore scorre in sicurezza e senza interferire con l’occhio del tiratore che non ha così in primissimo piano un’entità in movimento. La costruzione dell’otturatore prevede un carrello posteriore e una testina anteriore rotante uniti tramite un prolungamento longitudinale; la tenuta con sei alette (se ne contano sette, ma una non entra nel gioco di chiusura) avviene direttamente nella culatta della canna dove sono praticate le mortise, quindi lo sforzo maggiore è sopportato da queste due entità lasciando al castello un lavoro minore. L’arretramento del carrello tramite il manubrio esterno, di bel disegno e pratica funzionalità, mette in gioco una pista a camme e un piolo forzando la testina a ruotare svincolandosi dalle sedi. Dal fondo corsa si riparte in avanti camerando una nuova cartuccia: da notare come una piastra sagomata di acciaio occluda la finestra di espulsione a otturatore chiuso per evitare l’ingresso di materiali estranei. Si arriva adesso al motivo di tanta celerità di azione: all’interno è montato un sistema a cremagliera con rapporto di 1:2 per cui il lungo movimento dell’otturatore in realtà comporta un percorso dimezzato del manubrio. Una soluzione raffinata, propria di un marchio che ha sempre apportato sul mercato delle novità tecniche di rilievo. Per quanto riguarda lo scatto vediamo l’impiego della batteria da montare manualmente tramite il tasto, oramai consueto, posto sulla codetta del castello e provvisto di bottone a molla di bloccaggio. Interessante la soluzione a doppio snodo che, in una corsa brevissima, scarica sul percussore l’energia necessaria per accendere l’innesco.
Sul terreno di caccia:
L’amico Alberto la sa molto lunga sulla caccia a palla, specialmente agli ungulati della fauna alpina e quindi abbiamo messo nelle sue mani questo abbinamento fucile e ottica, sicuri di un esame ponderato. Rivediamo insieme la sequenza d’impiego: si arma la batteria dopo di che si può azionare l’otturatore camerando la prima delle cartucce preventivamente inserite nel pratico serbatoio staccabile. Desiderando intraprendere la marcia si preme il bottone rimandando indietro il tasto: la batteria risulta così disarmata, ma una semplice pressione in avanti consente di far fuoco. Ovviamente la batteria si mantiene armata ad ogni ripetizione del colpo se non si interviene per disattivarla. Due note pratiche: l’arma chiusa può avere la cartuccia in camera e per verificarlo si deve attivare la batteria e ugualmente quando si camera la prima cartuccia lo si fa con la batteria armata e senza altre forme di sicura, ma c’è tuttavia il blocco contro lo sparo prematuro. Un po’ di allenamento mentale e manuale insieme alla solita regola di non puntare MAI l’arma su entità sensibili evita guai.
La prova avviene in due diverse giornate poiché nella prima l’evidente passaggio di un branco di lupi ha mosso gli animali spingendoli in zone nascoste, ben poco accessibili e soprattutto lasciandoli fortemente sospettosi e agitati. Nella seconda c’è già neve a partire dai 1800 m di quota: l’avvistamento mattutino di una cerva richiede un avvicinamento molto cauto, a favore di vento e sfruttando i pochi ripari offerti dal territorio. Il mestiere comunque non si improvvisa e le buone capacità conducono a posizionarsi per un tiro di ampio conforto poco sopra i 150 m: in situazioni simili è davvero un’evenienza inusuale. La posizione in ginocchio con zaino su una roccia e il fucile ben fermo consentono di inquadrare nell’ottica la sagoma che si staglia nitida nelle lenti HT: vista la distanza molto contenuta si porta l’ingrandimento a 10x poi si improvvisa con gli alpenstock un supporto per il gomito destro per un’ulteriore certezza di stabilità, azionando infine la silenziosa slitta di armamento. E’ l’attimo del perfezionamento della postura e della respirazione, poi il dito preme lo scatto diretto portato, in piena tranquillità, a 900 g. L’esito del 7 Rem. Mag. non lascia adito a dubbi e la conformazione della calciatura insieme all’ampio campo visivo, permettono di mantenere sotto controllo la zona battuta nel tiro: secondo le buone abitudini il riarmo è comunque immediato e il cacciatore apprezza l’istintiva e rapida manovra del manubrio molto prossimo alla mano e vicino al fianco del castello così che nel porto non crea mai fastidio. Il peso della cerva risulterà di ben 104 kg: un risultato di rispetto per quello che la Casa tedesca chiama già il fucile per il terzo millennio.