L’Associazione CIA-Agricoltori Italiani, una delle maggiori (per numero di iscritti) organizzazioni agricole europee, ha messo in piedi, a Fabriano, una giornata a cui ha dato un titolo tanto ambizioso quanto importante “Il Paese che Vogliamo”.
La giornata di Fabriano era dedicata al Centro Italia ed aveva un tema: “Rivivere l’Appennino”; i lavori erano divisi per tavoli tematici ai quali partecipavano rappresentanti nazionali e locali di enti e istituzioni, oltre a tecnici ed esperti di attività che interagiscono con il territorio.
Le scriventi Associazioni Venatorie delle Marche sono state invitate, come pure gli Ambiti territoriali di Caccia. Di questo ringraziamo CIA-Agricoltori.
Come detto, i lavori erano divisi per tavoli tematici, il nostro tavolo concerneva “Sistemi di gestione della fauna selvatica – dalla protezione alla gestione della fauna”.
Ebbene, quella giornata, la partecipazione ai lavori e le correlate informazioni sono state illuminanti.
Sono state illuminanti perché ci hanno dato modo di conoscere e di discutere le Direttrici CIA-Agricoltori per la modifica della L.157/92.
Tali Direttrici ci sono state distribuite, sono state discusse ma non sono state da noi condivise, almeno nella maggior parte delle stesse. Ne spieghiamo qui le ragioni, per punti come suddivisi ed elencati da CIA.
1) Sostituire il concetto di “protezione” con quello di “gestione”. Questo punto ci trova concordi in quanto il concetto di “protezione” quale elemento preminente nella legge 157/92 era figlio dell’Italia post referendum anticaccia e di una situazione faunistica ed ambientale totalmente diversa da quella attuale. In tutti i Paesi evoluti del mondo il territorio e gli ecosistemi vengono gestiti con conoscenza e scienza. Il concetto di mera “protezione” è sterile e controproducente in quanto tecnicamente sbagliato.
2) Ricostituire il Comitato tecnico faunistico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Questa proposta può essere accettata in quanto si tratterebbe di avere un tavolo permanente di lavoro congiunto presso la Presidenza del Consiglio dei ministri; accettata sì ma con tre condizioni correlate: la prima che anche ISPRA venga nuovamente portata sotto la Presidenza del Consiglio dei Ministri (come era) e quindi trasferita dal Ministero dell’Ambiente; la seconda che questo Comitato Tecnico Faunistico Nazionale non vada di fatto ad intaccare l’autonomia delle Regioni sulla materia, autonomia peraltro garantita dall’Ordinamento., la terza che ne facciano parte tutte le Associazioni Venatorie Nazionali riconosciute.
3) Distinguere le attività di gestione della fauna selvatica da quelle dell’attività venatoria.
Questo punto ci trova in assoluto, totale disaccordo. Da tempo la caccia in Italia non è più solo una attività ludico-ricreativa. I cacciatori sono stati formati e vengono costantemente formati; Da circa 25 anni poi esistono in Italia gli Ambiti Territoriali di Caccia, Istituti ove convivono e operano insieme Agricoltori, Cacciatori, Rappresentanti degli Enti Locali ed Ambientalisti; alcuni Ambiti sono vere e proprie eccellenze nel campo della gestione del territorio ai fini faunistici ed ambientali. Tutto questo senza conflitti fra le varie componenti ma con armonia e collaborazione.
Occorre qui ricordare come prima della nota sentenza della Corte Costituzionale del giugno 2017 sull’articolo 19 della legge n.157/92 i cacciatori, sotto le direttive degli Ambiti Territoriali di Caccia, hanno partecipato attivamente alla gestione con molteplici, importanti attività sul territorio quali; censimenti, controllo specie opportuniste, controllo ungulati, impianti di protezione di colture agricole, impianti di ambientamento di fauna, operazioni di cattura, ecc..
Dopo quella sentenza della Consulta e, in pendenza della modifica dell’articolo 19 della legge 157/92, i cacciatori non possono prestare più la loro opera riequilibratrice nella gestione faunistica ciò comportando la quasi totale inazione con gravissimo pregiudizio della biodiversità, termine quest’ultimo tanto sbandierato a parole ma reso impossibile nei fatti.
4) Le attività di controllo della fauna selvatica non possono essere delegate all’attività venatoria.
Anche su questo punto siamo in assoluto disaccordo con quanto sostenuto da CIA-Agricoltori nelle Direttrici in parola. Solo i cacciatori infatti hanno la conoscenza, l’esperienza, la passione, la voglia di fare, anche a costo di sacrificare tempo e denaro, pur di arrivare al miglior equilibrio faunistico sul territorio perché sanno bene che il disequilibrio pregiudica la biodiversità e quindi anche la presenza delle specie cacciabili.
Peraltro è di evidenza solare, anche ai non addetti ai lavori, il totale fallimento del controllo effettuato (si fa per dire) negli anni dagli Agenti delle Polizie Provinciali; ciò per molteplici ragioni che vanno dal fatto che tali azioni non sono state sentite dalla maggioranza di loro come “mission”, alla mancanza di tempo per le molte funzioni di cui sono titolari. Riproporlo appare assurdo e controproducente.
5) Deve essere rafforzata l’autotutela degli agricoltori.
Cosi dice CIA-Agricoltori ma noi non siamo d’accordo. Non siamo d’accordo perché la Regione Marche, con propri specifici regolamenti ha permesso da tempo questa autotutela degli agricoltori nei confronti del cinghiale, della nutria, del piccione; ebbene il risultato è stato pressoché nullo.
Spiace e sorprende che CIA-Agricoltori, che dovrebbe ben conoscere questa situazione, la riproponga come panacea.
6) Risarcimento totale del danno.
Anche su questo punto non possiamo essere d’accordo, né sul chi vi sia tenuto, né sul quanto. Occorre porre in essere tutte le misure di prevenzione del danno possibili quale prima misura.
In caso comunque di danno, lo Stato (o la Regione per delega), poiché gli animali selvatici fanno tutti parte del patrimonio indisponibile dello Stato, non quindi i cacciatori (che pagano già una salata concessione per fruire di una limitatissima porzione di quel patrimonio indisponibile dello Stato) deve provvedere all’indennizzo (e non al ristoro integrale) dell’agricoltore che ha subito il danno. Il motivo di quanto detto è presto spiegato: gli agricoltori, come tutti i cittadini di ogni nazione del mondo vivono ed operano in un contesto e poiché quel contesto non è una sterile teca di vetro ma è l’ambiente che circonda ognuno, in quell’ambiente ci sono anche elementi e esseri viventi che possono provocare danni alle colture e ad ogni attività agricola, compresa quella zootecnica: dalla grandine, al vento forte, al gelo, alle condizioni meteorologiche estreme, ai cinghiali, ai lupi e così via.
È facile comprendere come qualsiasi contesto sociale, per quanto ben organizzato (altro che i cacciatori) non potrà mai sostenere l’onere del risarcimento integrale di danni provocati dalla natura intesa nel senso più lato, potrà tuttalpiù attenuare il danno patito indennizzandone una parte.
7) Tracciabilità della filiera venatoria.
Non possiamo che essere d’accordo con questa proposta anche perché riteniamo che la fauna selvatica possa essere una grande risorsa alimentare sia per genuinità, che per le caratteristiche organolettiche delle carni. Si dovrà andare sempre più verso un uso sostenibile delle risorse faunistiche, uso basato su dati scientifici calibrati sul territorio, avuto riguardo alle attività umane che si svolgono su quello o quell’atro territorio (un conto è la montagna, un conto è la collina, un conto sono i terreni marginali, un conto sono quelli sfruttati ad agricoltura intensiva e così via elencando).
Tracciabilità sì quindi ma utilizzo concreto di questa grande ed utile risorsa; insomma è bene che vengano le regole ma che siano propedeutiche o contestuali ad azioni concrete, non che restino solo le regole, come troppe volte succede in Italia.
Questa sopra esposta in sintesi è la nostra posizione sulle sette direttrici di CIA-Agricoltori Italiani per la modifica della legge n.157/92.
Per concludere, vogliamo però stigmatizzare soprattutto un punto, questo: non sarà mai possibile né accettabile dal nostro mondo “Distinguere le attività di gestione della fauna selvatica da quelle dell’attività venatoria”. Da questa proposta CIA ci sembra di capire ora quello che ci sembrava incomprensibile, ovvero che i Governi cambiano ma nessuno, dal 2017, ha aggiunto, e fatto passare in Parlamento, due semplici parole all’articolo 19 della legge n.157/92 in modo da far partecipare i cacciatori alle attività di gestione.
Non fanno questa semplicissima modifica alla legge perché non vogliono far fare la gestione ai cacciatori ma ad altri soggetti?? Assurdo per noi ma da quanto scrive CIA sembra proprio essere così.
Un ultima ma fondamentale considerazione: non saremo mai d’accordo e ci batteremo con tutte le nostre forze, nel caso avvenisse, a far scomparire la caccia sociale in Italia, vero patrimonio del nostro Paese.
Non accetteremo mai la caccia solo a pagamento, la caccia commerciale, la caccia esclusivamente per ricchi o benestanti, la caccia organizzata dai proprietari terrieri sui loro fondi.
L’altissimo frazionamento della proprietà fondiaria italiana motiva, se ce ne fosse bisogno, la nostra posizione. Non è un caso se in Italia è vigente l’articolo 842 del Codice Civile.
Va comunque a CIA-Agricoltori il nostro sentito ringraziamento per l’iniziativa posta in essere.