La Regione Marche ottempera a quanto previsto dall’Art.1 c.3 del Decreto interministeriale del 6/11/2012. Bene. Ora attendiamo di conoscere i report delle Regioni fino ad oggi silenti per poter, attraverso un quadro completo a livello nazionale dei dati di prelievo, fare un’analisi attendibile e, questa si, spendibile nelle sedi opportune, per dimostrare che l’attività venatoria è davvero sostenibile. In merito ai dati marchigiani, preme evidenziare come il trend complessivo, relativo al prelievo della fauna stanziale minore, sia nettamente negativo e, se a questo andiamo ad aggiungere l’aumento progressivo dei danni alle agroeconomie da fauna selvatica, il risultato non può che denotare una grave ed evidente incapacità gestionale.
Addirittura, pare che per la prossima stagione venatoria, sempre nella regione Marche, 4 ATC su 8 totali (siamo in attesa di conferme) aumentino la quota di iscrizione per far fronte agli ingenti, e incontrollati, danni da cinghiale. In questo triste ma chiaro quadro la domanda sorge spontanea: non è che la politica della maggior Associazione Venatoria -che gestisce il 90% degli ATC marchigiani– ha fallito? Perché devono pagare i cacciatori politiche sbagliate da 20 anni?
Attendiamo risposte. Inoltre, ci auspichiamo, anche a livello nazionale, un cambio di passo: cambiamenti concreti e non più pubblicità ingannevoli e annunciazioni di ricerche “bonsai”, utili solamente a rallentare l’approvazione dei calendari venatori nelle regioni ed a creare false aspettative nei cacciatori, dovute alla valanga di ricorsi sempre più vinti dai ricorrenti (purtroppo) proprio per carenza o inefficacia di studi a supporto delle richieste forzate (Gabriele Sperandio – Presidente Arci Caccia Marche e membro della Presidenza Nazionale)