Lupi dell’Appenino: Colpa dei film, colpa delle fiabe o forse dell’appetito dei lupi dimostrato nei confronti del bestiame, fatto è che per secoli uomo e lupo non sono stati quel che si dice amici.
Cacciati, avvelenati, in alcuni casi bruciati vivi nelle proprie tane mentre dormivano, il lupo appenninico, quello che tanto per intenderci gli esperti chiamano canis lupus italico se l’è vista davvero brutta durante tra gli anni settanta ed ottanta del secolo scorso.
E’ stato l’istinto a spingere alcuni esemplari della razza, i pochi rimasti, a cercare un luogo sicuro, allontanando per sempre il pericolo estinzione.
Non sorprende dunque che, diversamente da come si crede, il lupo dei giorni nostri abbia una dannata paura dell’uomo, e non solo non pensa nemmeno per sogno d’aggredirlo, ma vede bene di tenersene alla larga. Non è un caso che per avvistare un lupo oggi ci voglia conoscenza del territorio, della specie e grande fortuna.
Dopo gli anni ottanta al lupo l’uomo ha deciso di concedere tregua un po’ per quello spirito ambientalista ed ecologista che si stava diffondendo, ma soprattutto per gli indennizzi concessi ai pastori che vedevano il proprio bestiame decimato a causa della visita di qualche lupo.
La notizia è che oggi il lupo, schivo e diffidente abita ancora l’Appennino e in numero apprezzabile: si stima che ce ne siano in tutta Italia dai 600 ai 1000 esemplari. Analisi genetiche sulle feci ritrovate consentono d’affermare con certezza che non si tratti di cani selvatici, come in alcuni casi si è ritenuto, ma proprio di canis lupus italicus.
La specie diffusasi in buona parte dell’Appennino, fra il 2002 ed il 2008 è stata censita con precisione nella zona bolognese, dove si è verificata la presenza di ben 148 esemplari tutti concentrati nel Corno alle Scale e nei laghi di Suviana e Brasimone.
Fino al 2008 erano presenti almeno 14 branchi tutti composti mediamente da 6 animali. A rendere difficili studi accurati è la velocità con la quale il lupo si sposta: non si esagera affermando che in un mese è capace di percorrere centinaia di chilometri.
Quel che conta è che pure con difficoltà, i censimenti si sia riusciti a farli. Normalmente dopo aver perlustrato una zona che si ritiene abitata da un branco, si lanciano richiami registrati. A rispondere sono sempre i cuccioli, più ingenui ma soprattutto curiosi che rispondono agli ululati con una certa enfasi. Questo consente di riscontrare la presenza della famiglia sul luogo e in alcuni casi il numero di lupi presenti.
L’assetto del branco non pare essere mutato: non possono mancare i due capofamiglia, la coppia alfa, i cuccioli dell’anno e la cucciolata dell’anno precedente. I membri più adulti dopo qualche anno abbandonano il branco d’origine per crearsene uno proprio.
Sembra quasi di vivere una fiaba, ma alcune notti gli abitanti degli Appennini possono ascoltare come un tempo gli ululati del lupo, che ancora abita quelle montagne dure, selvagge ma dannatamente affascinanti.
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