Secondo l’assessore, si stanno ripresentando le stesse criticità di un anno fa, una situazione che poteva essere evitata modificando la normativa nazionale e rendendola coerente con quella comunitaria. Tra l’altro, questo intervento era stato richiesto proprio dalle regioni nel corso del tavolo tecnico con il Ministero dell’Agricoltura e quello dell’Ambiente. Per Cecchini, il governo non considera necessario l’adeguamento della legge 157 del 1992, la quale fissa al 31 gennaio la chiusura del calendario venatorio per le specie ricordate sopra.
Il decreto del governo diffida non solo l’Umbria, ma anche la Toscana, la Liguria, le Marche, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia, la Puglia, la Calabria e la Lombardia ad anticipare la chiusura venatoria entro 15 giorni, in modo da conformare i calendari regionali alle direttive dell’Unione Europea. Se ci dovessero essere delle inadempienze, il Governo andrà a cambiare i calendari venatori che sono stati approvati dalle regioni sfruttando il potere sostitutivo.
L’assessore ha ricordato come da diverso tempo le giunte stiano chiedendo a gran voce al ministro competente in materia di confermare oppure di modificare i periodi di caccia che sono stabiliti nell’articolo 18 della normativa nazionale (intitolato “Specie cacciabili e periodi di attività venatoria”), sostenendo allo stesso tempo in sede comunitaria l’uniformità dei provvedimenti in materia. Nel gennaio del 2015 c’è stato un commissariamento, una ipotesi che non è così remota anche in questo 2016.
La Regione si era impegnata un anno fa a trovare le soluzioni per i problemi principali, cercando di scongiurare i possibili procedimenti di infrazione a carico dell’Italia da parte di Bruxelles. L’Umbria non è disposta a subire l’imposizione della chiusura anticipata e sta chiedendo a Palazzo Chigi di fare chiarezza sugli obblighi e i periodi venatori: in aggiunta, viene chiesto di non scaricare sulle regioni le responsabilità per eventuali violazioni alle direttive comunitarie.