I proprietari delle riserve di caccia risposero con una causa legale motivata col fatto che il Dipartimento non aveva alcuna autorità per una decisione del genere. Un mese fa è finita la disputa tanto accesa ed è stata data ragione proprio alle riserve e ai titolari. Le critiche principali in merito a questa scelta si riferiscono all’etica e ci sono persino dei cacciatori che temono che il prelievo venatorio possa essere un pericolo per la popolazione di cervi selvaggi, la quale contribuisce all’economia dell’Indiana con circa 200 milioni di dollari ogni anno.
C’è poi chi ha parlato di aree di caccia troppo piccole, con gli ungulati che non avrebbero abbastanza spazio. Dall’altra parte ci sono i fermi sostenitori della legge, varata nei giorni scorsi dal Senato: per loro i limiti territoriali sono invece piuttosto ampi e la caccia deve essere considerata una esperienza genuina e utile. L’industria venatoria locale può anche beneficiare di un numero importante e alto di cervi da riproduzione, di conseguenza la specie non verrebbe messa a rischio, senza dimenticare che la novità legislativa potrebbe aprire la strada a nuove occupazioni lavorative.
Secondo quanto dichiarato da John Newsom, manager regionale dell’Indiana Farm Bureau, i cervi selvatici si riproducono al ritmo giusto e richiesto dal mercato, proprio quello di cui c’è bisogno. Dopo la decisione avversa al Dipartimento delle Risorse Naturali, la caccia ai cervi selvatici viene gestita e regolata dal Board of Animal Health dell’Indiana, lo stesso che si occupa degli allevamenti di bestiame. Con il nuovo testo normativo, il quale sarà subito efficace, le riserve di caccia dovranno avere una dimensione minima, 100 acri, cioè circa 40 ettari, mentre i recinti dovranno essere alti almeno 8 piedi (2 metri e 40).