L’incidente sull’A1 in provincia di Lodi ha scatenato un ampio dibattito che ora ha coinvolto anche l’ISPRA. Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, non sono i cacciatori i responsabili dell’invasione dei cinghiali nel nostro paese. Lo studio dell’ente è stato molto approfondito e ha escluso il mondo venatorio tra i fattori all’origine della crescita. La diffusione dei selvatici è avvenuta soprattutto lungo la dorsale appenninica, dove i borghi montani si sono spopolati sempre più.
Di solito si parla di incroci con esemplari dell’Europa dell’Est, ma questa ricostruzione è stata smentita dall’istituto. Una delle presenze più preoccupanti è quella che riguarda l’Umbria. In questa regione, infatti, c’è stato un incremento impressionante se confrontato con i dati del 1991. Quasi trent’anni fa il cinghiale selvatico umbro era pressoché assente, mentre oggi c’è una popolazione massiccia e pericolosa.
Ecco perchè gli Ambiti Territoriali di Caccia di Perugia e Terni hanno deciso di aumentare le quote per fronteggiare i maggiori esborsi. Intanto proprio in queste zone non si può far partire la caccia di selezione in attesa che il Tribunale Amministrativo Regionale si pronunci sul ricorso presentato dal WWF (la riapertura doveva avvenire il 7 gennaio, dunque nel corso della giornata di ieri).