Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha esaminato il caso di un cacciatore a cui era stata sospesa la licenza nel 2008 al termine di una battuta di caccia al cinghiale nelle campagne di Nepi, in provincia di Viterbo. I Carabinieri avevano sorpreso l’uomo, in possesso di regolare porto di fucile e in compagnia di quattro persone, mentre si impossessava di un cinghiale appena abbattuto e senza autorizzazione.
La sospensione era avvenuta qualche mese dopo, in seguito alla decisione della Questura, anche se il cacciatore si era difeso, affermando di non essere mai stato nella tenuta e di non essere nemmeno andato a caccia in quei giorni. Per questo motivo l’uomo si è rivolto al TAR e i giudici hanno valutato con attenzione la vicenda. Secondo quanto stabilito dal Tribunale, i Carabinieri non avevano individuato una responsabilità in capo a questo cacciatore nell’esercizio delle caccia in una tenuta venatoria senza alcuna autorizzazione.
In aggiunta, non è stata fatta alcuna indagine da parte dell’amministrazione, in modo da accertare meglio le dinamiche. Di conseguenza, il ricorso è stato ritenuto fondato e l’uomo è tornato in possesso della propria licenza di porto di fucile.