In estrema sintesi, l’uomo stava litigando con la cognata, ma è emerso che con il colpo di fucile non voleva minacciarla, anzi l’intenzione era quella di placare gli animi. La Questura aveva revocato definitivamente la licenza e a quel punto è stato inevitabile il ricorso da parte del cacciatore.
Secondo quanto accertato dal TAR, i fatti sono stati travisati, visto che non esisteva la volontà di minacciare e non si è tenuto conto dell’assoluzione della sentenza penale. Quindi l’uomo potrà tornare in possesso del porto d’armi a uso caccia e questa sentenza diventerà un importante precedente. Nel caso si dovessero presentare situazioni simili, si può presentare lo stesso tipo di ricorso con buone probabilità che venga accolto per i medesimi motivi appena approfonditi.