Pochi mesi fa la Questura ha deciso di respingere la domanda per il rinnovo della licenza di porto di fucile a uso caccia a un uomo a causa di un precedente penale di quasi 40 anni fa. Nel 1980, infatti, questa persona era stata condannata a 15 giorni di reclusione a 15mila lire di ammenda per il furto di due litri di benzina. Tra l’altro sette anni dopo era subentrata la riabilitazione del cacciatore. Finora il rinnovo era avvenuto senza problemi, ma nell’ottobre del 2017 le cose sono cambiate.
Il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale è stato inevitabile. I giudici del TAR lo hanno accolto per un motivo ben preciso. Anzitutto, la condanna del cacciatore è avvenuta un anno prima dell’approvazione della Legge 689 del 1981 (Legge di depenalizzazione) e bisogna escludere il carattere automaticamente ostativo dell’interpretazione della Costituzione.
Il fatto giuridico è stato ritenuto tenue, visto che il furto di qualche litro di benzina non viene considerato rilevante, quindi il no al porto d’armi non può essere mai automatico. Per i giudici amministrativi il rinnovo della licenza deve tenere conto dell’affidamento della persona per quel che riguarda l’abuso o meno delle armi. Sono passati 38 anni, un dettaglio che insieme alla riabilitazione ha dato ragione al ricorrente. L’amministrazione è chiamata ora a valutare di nuovo la domanda di rinnovo.