Titolare di un permesso di caccia da vent’anni, un trentino si è visto ritirare il porto del fucile per “mancanza dei requisiti soggettivi di affidabilità e buona condotta” per aver guidato sotto l’effetto dell’alcol. Viene contestato un episodio definito in sede penale, ma la Questura ha tenuto conto che nel passato del cacciatore c’erano state “plurime violazioni del codice della strada per aver guidato in stato d’ebbrezza con conseguenti sospensioni della patente di guida”. Sono passati anni e nel frattempo la riabilitazione c’è stata: la Questura, come ha evidenziato il Tar nella sentenza pubblicata il 12 aprile, deve tenerne conto e procedere con un nuovo riesame della domanda di rilascio del porto di fucile.
Il cacciatore, inizialmente, si era visto respingere sia il ricorso gerarchico al Commissariato del Governo sia un primo ricorso al Tar in quanto – era stato evidenziato in sentenza – “non risulta manifestamente irragionevole da parte dell’Autorità di pubblica sicurezza l’aver considerato ancora insufficiente il lasso di tempo intercorso, pari a sei anni, al fine di ritenere superate le problematiche di abuso in questione e, quindi, l’aver ritenuto ancora prematuro il rilascio al ricorrente della licenza di portare armi”.
L’uomo però non si è dato per vinto e, sicuro della propria riabilitazione, ha presentato un nuova domanda di rinnovo della licenza del porto d’armi corredata dal certificato medico di idoneità per il rinnovo, emesso dall’Azienda sanitaria a seguito dell’acquisizione del certificato del medico di medicina generale. Richiesta nuovamente respinta dalla Questura, a cui il cacciatore, tramite l’avvocato Andrea Antolini, ha risposto con una richiesta di riesame in autotutela. Questa volta la documentazione presentata era più corposa: oltre alla documentazione medica, sono stati allegati l’attestato del Centro alcologia dell’Azienda sanitaria, per testimoniare attraverso carte ufficiali di aver “da tempo mutato radicalmente il suo comportamento e le sue abitudini, dando prova della sua affidabilità e buona condotta”.
I giudici amministrativi – presidente Fulvio Rocco, consigliere Carlo Polidori, estensore Cecilia Ambrosi – citando una sentenza del Tar della Lombardia evidenziano che, in materia di licenze di polizia, l’ambito di valutazione dell’Amministrazione è ampiamente discrezionale, e che deve dare prevalenza alle esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica rispetto a quella del privato. “Tuttavia, l’ampia discrezionalità nel giudizio probabilistico non può tradursi nell’omissione della valutazione delle circostanze concrete e della loro attualizzazione”. La Questura di Trento viene dunque invitata a rivedere il procedimento alla luce della nuova documentazione (L’Adige).