Nella Valle delle Mandriole e Punte Alberete (Valle delle Canna), a Ravenna, luoghi affidati dalla Regione Emilia-Romagna al Parco del Delta del Po, si sta consumando una vera e propria tragedia. Uno scempio faunistico e ambientale che dimostra, ancora una volta, il totale fallimento delle zone cosiddette “protette” lasciate a se stesse e nel più completo abbandono. Parliamo di una delle paludi d’acqua dolce fra le più importanti d’Italia, in passato utilizzata come bacino di accumulo delle acque dolci per l’acquedotto di Ravenna. Ora, sia il Comune che l’Ente Parco, dimenticandosi di tutto e soprattutto della fondamentale importanza del ricircolo delle acque, hanno lasciato progressivamente marcire tutto, in nome di una presunta salvaguardia della biodiversità.
Un obiettivo sicuramente prezioso e lodevole che, come dimostrano gli ultimi eventi, non è certo raggiungibile attraverso il disinteresse e la totale assenza di interventi. Quando tali zone erano gestite dai cacciatori – le vere e forse uniche sentinelle dell’ambiente – niente era lasciato al caso e l’ambiente veniva mantenuto in ottime condizioni per il bene della fauna selvatica e della biodiversità. Purtroppo, le zone palustri non sono nuove a questi episodi drammatici nei quali si registra una inammissibile moria di uccelli acquatici causata da acque putride che sono fonte di esplosioni batteriche letali non solo per la fauna ma anche per la flora. Da giorni i cacciatori, coordinati dalle guardie comunali e dalle altre preposte dai vari Enti, si stanno adoperando in massa per il recupero degli animali morti affetti da botulino e soprattutto per cercare di salvare quelli ancora vivi.
Ma la situazione è tragica: si sta verificando una vera e propria ecatombe con diverse migliaia di uccelli acquatici e trampolieri morti tra atroci sofferenze. Solo una minima parte di essi, ancora viva, viene curata presso le voliere da campo allestite in tempi record. I volontari che stanno lavorando incessantemente sono per la maggior parte cacciatori mentre sono davvero rarissimi gli ambientalisti impegnati al loro fianco. Ma come accade spesso nel nostro Paese, dopo il danno enorme e tutti questi sforzi, è arrivata anche la beffa, ovvero la determina di sospensione della caccia nel raggio di 3 km. da questi luoghi, fino a data da definirsi, indistintamente per tutte le specie, anche per quelle che non sono minimamente coinvolte da queste problematiche.
Insomma, proprio coloro che hanno creato il problema e che dovrebbero sedere sul banco degli imputati, si sono trasformati nei severi “censori” del bene comune. Non sarà, comunque, questa assurda e demagogica determina a scalfire il nostro senso civico di responsabilità e rispetto per l’ambiente, e a demotivarci. E anche nei prossimi giorni, a differenza di chi difende la natura solo a parole, noi cacciatori saremo in Valle a fare volontariato. In ogni caso, terminata l’emergenza, ci rivolgeremo a chi di dovere per chiedere formali spiegazioni e denunciare chi non ha saputo gestire questa area protetta salvaguardandone la preziosa biodiversità.
Purtroppo in Italia sono innumerevoli le aree verdi depredate al mondo venatorio e poi lasciate al totale abbandono con il beneplacito di una politica fallimentare. È giunta l’ora che questi incompetenti ambientali, paghino le loro malefatatte, la loro inefficienza. È giunta l’ora che la si smetta di fare terrorismo mediatico sul mondo della caccia. È giunta l’ora che, chi di competenza, si dia una mossa contro questa politica faziosa che altro non fa se non incentivare pregiudizi infondati verso cittadini civili e onesti come i cacciatori. Basta, basta e basta.