“Il primo giorno della stagione venatoria è stato un completo fallimento per quanto riguarda la selvaggina stanziale soprattutto fagiani e starne, un po’ meglio la lepre.” Lo afferma in una nota l’associazione Libera Caccia della provincia di Terni. “La teoria dei lanci con animali provenienti da allevamento, se mai ce ne fosse ancora bisogno, è la riprova che sono esclusivamente un peso sul bilancio degli ATC (Ambito Territoriale di Caccia), uno spreco di risorse economiche dei cacciatori e soprattutto una garanzia di insuccesso venatorio – si legge in una nota dell’associazione. I tanto agognati ripristini ambientali, che favorirebbero la vita e la riproduzione dei capi un pio miraggio, la presenza di corvidi e volpi davvero imbarazzante, complice anche una stagione siccitosa, hanno di fatto determinato la prematura fine della caccia alla nobile stanziale nel territorio umbro.
Gravi sono le colpe di Regione e soprattutto ATC in tema di gestione delle Zone ripopolamento e cattura, aree che dovrebbero produrre selvaggina sufficiente al fabbisogno regionale e che invece sono solo territorio di ricovero per cinghiali e nocivi. I cacciatori umbri si ritrovano ZRC (Zone ripopolamento e Cattura) la cui composizione orografica è costituita in gran parte da boschi e rimesse per ungulati e volpi insieme a dormitori per corvidi: manca personale che conosca e sappia realizzare un progetto di riqualificazione e sviluppo sulle specie stanziali e, consentitecelo di dire, probabilmente è stata scelta la via più facile e comoda: comprare un prodotto finito di dubbia qualità visti i risultati, piuttosto che dare vita ad un progetto di ampio respiro che necessita di risorse umane, economiche ma che sul lungo periodo porterebbe risultati di sicuro successo.
Ben vengano le iniziative della Regione sul fronte cinghiale la cui presenza oramai davvero è ingombrante e pericolosa fin dentro le mura di città e paesi, è diventato un flagello sociale. Nel giorno di apertura della stagione venatoria molti cacciatori infatti si sono trovati a contatto con cinghiali e caprioli in aree dove la loro presenza non si era mai vista comportando pericoli sia per il cacciatore stesso che per i propri ausiliari.”
”Ad oggi – conclude Libera Caccia – non sono ancora stati ratificati gli accordi interregionali per lo scambio dei cacciatori fra la regione Toscana e Umbria, come da oramai oltre un decennio avviene. Chiediamo quindi all’Assessore ed ai funzionari del settore caccia di attivarsi immediatamente affinché questa lacuna venga colmata al più presto, altrimenti un cacciatore umbro che deciderà di utilizzare le 20 giornate alla selvaggina migratoria in Toscana attraverso la tele-prenotazione anziché sborsare 35 euro sarà chiamato a pagare ben 150 euro.”