Componente ideologica
Per decenni, le problematiche ambientali – non solo quelle venatorie, ma anche quelle relative alla gestione delle acque, dei rifiuti, della qualità dell’aria e delle difficoltà dei settori agricoli e zootecnici – sono state “gestite” (si fa per dire) da governi nei quali la componente ideologica animalista e anticaccia era preponderante. Lo sforzo maggiore era quello di istituire nuovi e sempre più assurdi parchi e aree protette che, come era logico prevedere, si sono poi dimostrati dei costosissimi carrozzoni burocratici nei quali era proibito parlare di gestione.
Specie opportuniste e problematiche
I risultati di questa lunga dominazione di verdi, arcobaleno, e varie anime della sinistra sono sotto gli occhi di tutti: una lunghissima serie di procedure di infrazione comunitaria aperte a carico del nostro Paese, la maggior parte delle quali non certo a carico della gestione venatoria, e le cosiddette aree protette trasformate nel regno incontrastato delle specie opportuniste e problematiche, con in testa gli ungulati e in particolar modo i cinghiali con la tragica minaccia della PSA che metterebbe in ginocchio un settore trainante dell’economia nazionale come quello suinicolo. Ora che il nuovo governo, e in particolare il ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida ha iniziato un approccio pragmatico e scientifico alle enormi e complesse questioni ambientali e faunistiche, ricomincia lo strepito dello schieramento ideologico e politico di Alleanza Verdi e Sinistra contro il suo ruolo e contro l’attività venatoria.
Prelievo venatorio
E la cosa grave e intollerabile è che queste lamentazioni non solo non hanno alcun fondamento scientifico ma sono, come al solito, basate sui luoghi comuni, frasi fatte e titoloni ad effetto che parlano di “Azzerare le norme per la protezione della fauna selvatica e il prelievo venatorio deregolamentando la legge 157 del ’92. Con una modifica dei contenuti degli articoli 19 e 19 ter della legge vogliono permettere il “controllo” della fauna selvatica anche in giorni e aree dove la caccia è normalmente vietata, comprese le aree protette…”. Come al solito, per certi politici è vietato parlare di gestione come invece avviene in tutti i Paesi civili del mondo e dell’Europa. Anche di fronte alla minaccia reale e tragica della diffusione della Peste Suina Africana, questi “illuminati” politici antepongono la conquista di una manciata di voti ai veri interessi dell’ambiente e della fauna selvatica, parlando a vanvera di “utilizzo di metodi alternativi e più ecologici per i piani di controllo, precedentemente presenti, obbligando quindi implicitamente all’abbattimento o alla cattura degli esemplari”. Gli agricoltori, gli allevatori e i cittadini hanno però ormai capito che le chiacchiere vuote di un animalismo sempre più intollerante hanno portato il nostro Paese sull’orlo di un baratro ambientale e faunistico che può e deve essere evitato solo grazie ad una vera gestione tecnico-scientifica di tutte le problematiche ambientali, agricole e zootecniche (Paolo Sparvoli, presidente di ANLC).