Un articolo che indispettisce
L’articolo di Margherita D’Amico, pubblicato il 17 settembre sul Fatto Quotidiano, ha davvero superato tutti i limiti, soprattutto quelli della deontologia giornalistica e quelli del buon senso. E non so se la sua lettura mi abbia provocato più indignazione e rabbia come cacciatore, o più tristezza come lettore e come cittadino italiano. Sta di fatto che nel minestrone osceno di quelle righe ho trovato di tutto e di più: l’ignoranza su cosa sia la caccia moderna e quale sia il suo valore scientifico e tecnico, ma anche il dispregio delle istituzioni; la faciloneria e il pressapochismo da bar e, cosa ancora più grave per chi fa il mestiere dell’informazione pubblica, la mancanza assoluta di rispetto per la verità. Ciò che ho letto mi obbliga, come presidente della seconda associazione venatoria italiana, a prendere una severa presa di posizione e a denunciare pubblicamente – salvo poi esaminare la possibilità di adire le vie legali – lo scempio che è stato fatto con quel grumo di menzogne e mezze verità legate insieme da una prosa gonfia di banalità e di luoghi comuni e, talvolta, con una specie di ironia fuori luogo e del tutto immotivata.
La posizione di ANLC
Ma voglio andare per ordine, anticipando che le mie non potranno essere poche righe in quanto ho intenzione di ribattere punto su punto ognuna delle lapidarie affermazioni della giornalista. Cominciamo dal titolo, che rappresenta, innanzitutto, una palese offesa e una condanna per il “governo” – ogni governo e non certo solamente quest’ultimo – colpevole di aver ridotto questo meraviglioso e sciagurato Paese ad una sorta di primitivo Far West, del tutto privo di leggi, regole e controlli per quanto riguarda la legislazione in materia di armi, tanto che al suo confronto gli Stati Uniti appaiono come una specie di convento di clausura o di paradiso terrestre. Una offesa del tutto gratuita visto che in Italia vige una delle legislazioni più severe del modo in materia di acquisto, detenzione e uso di armi, che richiederebbe, a mio avviso, una reazione adeguata da parte del ministero degli Interni. Poi l’articolo (ma mi viene il dubbio se sia giusto definirlo così) comincia la sua carrellata con la prima bugia contenuta nella descrizione dello sciagurato uccisore dell’orsa Amarena che, siccome “nel tempo libero va a caccia”, impugna la doppietta e compie il massacro, Peccato che la solerte giornalista non si sia doverosamente informata sul fatto che il tizio in questione nel suo tempo libero magari giochi a briscola in quanto non ha più la licenza di caccia da oltre quindici anni! Ma questo è evidentemente un dettaglio di poco conto per chi ha la frenesia di dipingere i cacciatori con le tinte più fosche possibili.
Il coinvolgimento della caccia
Poi continua sciorinando tre episodi che con la caccia c’entrano come i cavoli a merenda: un tizio che volontariamente ferisce il vicino con una fucilata (ma lo avrebbe potuto prendere benissimo a bastonate o investirlo con l’auto); una donna che si ferisce pulendo il proprio fucile; e infine un ragazzo che è stato ucciso con un fucile da sub! A questo punto, e siamo solo alla nona riga del minestrone, parte l’attacco diretto ai cacciatori i cui “fucili non badano al calendario né alle specie e che negli ultimi 14 anni, soltanto nei periodi venatori, hanno causato la morte di almeno 383 persone e il ferimento di 1,056”. La solerte giornalista ammette subito che questi dati non sono ufficiali ma sono divulgati da una associazione auto denominatasi Associazione Vittime della Caccia che “conta gli incidenti umani causati dalle armi dei cacciatori e accusa le istituzioni di proteggere la declinante categoria”. Un altro peccato gravissimo per una che di mestiere fa la giornalista e che quindi dovrebbe avvertire il dovere di controllare (e sarebbe facilissimo) i dati che pubblica. Infatti, se avesse sprecato qualche minuto del suo tempo si sarebbe resa conto che il conteggio sbandierato dalla AVC è macroscopicamente falsato dall’aggiunta impropria di semplici omicidi che vengono inseriti fra gli incidenti venatori attraverso un bizzarro e assurdo giochetto dialettico che li definisce “incidenti di caccia avvenuti in ambito extra venatorio”.
Incidenti venatori
In realtà, negli ultimi 11 anni i morti causati da “veri” incidenti venatori sono stati 166 fra cui 11 estranei alla caccia (una media di uno ogni anno ma con gli ultimi tre anni senza alcuna vittima) e 815 feriti fra cui 130 non cacciatori (con una media di circa 11 all’anno). Ovviamente sono sempre tanti ma, come dimostrano le ricerche compiute dall’Università di Urbino, la tendenza è in continua e costante diminuzione. Subito dopo la falsa “bomba” sul numero (gonfiato e allarmistico) dei morti e dei feriti, riparte l’attacco contro le istituzioni (e stavolta è proprio il governo Meloni ad essere sul tavolo degli imputati) in quanto. “Grazie a un emendamento considerato inammissibile oggi all’occasione si può sparare in ogni stagione, luogo e orario, a qualunque specie animale. Queste deregolamentazioni della caccia in epoca di stravolgimenti climatici sono attentati alla natura, ma pure alla sicurezza pubblica. Manovre politiche per favorire interessi diversi da quelli dei cittadini”. Entrare nel dettaglio di questa “barzelletta”, sia in chiave tecnica, sia soprattutto politica, significherebbe scrivere un libro e quindi lascio ad ogni lettore la libertà assoluta di fare le proprie considerazioni. Poi si passa alla questione “armi” in generale (almeno così mi sembra di aver capito) e alla loro allegra e superficiale gestione con “il ministero degli interni e i dipartimenti di Polizia che non hanno mai reso noti i dati sul numero di possessori di licenze e di armi in circolazione”. Dalla questione armi si passa con estrema disinvoltura alla facilità con cui vengono certificati i requisiti psico-fisici, tanto che – scrive l’informata giornalista – “Basta la certificazione del medico”, salvo poi citare come probanti 2 (due) esempi in tutta Italia di facili e truffaldine certificazioni di medici legali.
Licenza di caccia
Ma la signora evidentemente non sa quali e quante siano le difficoltà per ottenere la licenza di caccia o il rinnovo periodico, per non parlare di quella per difesa personale. E a questo punto, l’articolo gioca forse la sua carta più importante e affronta la questione che tanto angoscia l’opinione pubblica e i legislatori: “il tasso di delittuosità dei legali possessori di armi, soprattutto riguardo omicidi e femminicidi in ambito familiare”. Solo per fare un po’ di chiarezza e per rasserenare l’angosciata giornalista basterebbe dare uno sguardo al sito “FemminicidioItalia.info” per evitare di raccontare frottole sulle colonne di un quotidiano. Solo dal 1° gennaio al 20 settembre 2023, e solo prendendo in esame i femminicidi, si scopre che sono stati commessi 32 omicidi e che tali delitti sono stati perpetrati con le seguenti armi e/o modalità. 12 con l’uso di pistole: 2, da componenti delle forze dell’ordine con la pistola di ordinanza; 2 con pistole regolarmente detenute; 8 con pistole di provenienza illegale o illegalmente detenute senza alcuna licenza. 14 femminicidi sono stati commessi con un coltello; 4 mediante percosse o a bastonate; 1 per strangolamento e 1 per impiccagione. Tanto per essere ancora più chiari, nessun femminicidio è stato commesso con il famigerato e micidiale fucile da caccia! Poi l’articolo torna sul numero delle “vittime” totali della caccia che, nella stagione 2022-2023, secondo la solita ricerca addomesticata, assommerebbero complessivamente a 79: 13 morti fra i cacciatori e 6 fra la gente comune; e 60 feriti (44 cacciatori e 16 civili). Ma la storia è sempre quella: i cacciatori morti sono sì 13 ma i sei morti fra la cosiddetta gente comune sono semplicemente il frutto di altrettanti omicidi che con
la caccia non c’entrano un fico secco!
“Piacere di uccidere”
A questo punto, la serafica giornalista si sofferma sul sadismo dei cacciatori e sul loro piacere ad uccidere, compresa una interminabile serie di animali domestici e trova aberrante che in alcune regioni “si tentano addirittura progetti per proporre i cacciatori come educatori ambientali nelle scuole”! Beh, certo, questa è proprio una proposta oscena, meglio far fare gli educatori ambientali a coloro che non distinguono un cervo da un daino o che piangono calde lacrime per la morte di un ibis sacro che è considerato dalla scienza mondiale una vera piaga per la biodiversità. Oppure, meglio ancora, si potrebbero promuovere educatori ambientali coloro che nell’immagine di un piccolo uccellino che imbocca un uccello grande almeno il doppio, vedono una presunta assistenza agli anziani ormai inabili al volo che noi umani
dovremmo imitare. Peccato, invece, che si tratti di un pulcino di cuculo che viene nutrito da un ignaro uccellino che crede di alimentare il suo pullo buttato giù dal nido senza troppi complimenti. È proprio di questi educatori ambientali che abbiamo bisogno. Infine, non poteva mancare un attacco al comparto produttivo ed economico armiero e alle grandi manifestazioni fieristiche sponsorizzate dai grandi gruppi e dalle principali aziende del settore guidate dall’Anpam. Ecco, sapevo perfettamente che non avrei in alcun modo potuto essere conciso e me ne scuso, ma credo che tutti i cacciatori italiani – ma anche i politici, gli industriali e gli artigiani – meritassero queste precisazioni (fonte: ANLC). Qui il link dell’articolo.