Lepri infette: «Contagia anche l’uomo, non toccatele»
Non bastava l’allarme rabbia per le volpi del Friuli e della Pedemontana: adesso dal Centro di referenza nazionale per la Tularemia che ha sede presso la sezione di Pavia dell’Istituto zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia, arriva la segnalazione di alcuni casi di infezione tularemica in due lepri importate a scopo di ripopolamento dall’Ungheria e dalla Romania. E il primo caso è stato diagnosticato il 22 dicembre scorso in provincia di Vicenza, in una lepre facente parte di una partita di 950 capi di importazione ungherese.
La tularemia è un’infezione provocata dal batterio Francisella tularensis e viene trasmesso alle lepri dal morso delle zecche o delle zanzare.
L’infezione si può trasmettere all’uomo attraverso le stesse zecche e zanzare o tramite contatto con il sangue di lepri contagiate, come può succedere ai cacciatori. Tra l’altro le lepri vengono importate proprio per le zone di caccia, visto che quelle nostrane sono più rare e si rirpoducono con più difficoltà. Nella gran parte dei casi la malattia presa in tempo si cura con gli antibiotici, ma in un 1-3% di casi il paziente può morire.
In Ungheria, spiega l’Istituto attraverso una nota, la malattia è endemica. Il 4 gennaio scorso, invece, è stato diagnosticato un secondo caso in una lepre trovata morta al momento del lancio nei terreni di caccia. L’animale proveniva dalla Romania e faceva parte di un gruppo di 450 capi liberati in provincia di Pavia. Il gruppo di lepri, a sua volta, faceva parte di una partita di circa 1.500 esemplari arrivato attraverso un importatore della provincia di Parma. Importatore che è lo stesso anche per altre province, ad esempio quella di Brescia.
In entrambi i casi si è pervenuti all’isolamento e all’identificazione di Francisella tularensis subsp. holarctica (tipo B), unico ceppo circolante in Europa, mentre negli USA circola anche il ceppo più altamente virulento Francisella tularensis subsp. tularensis (tipo A).
L’Istituto ricorda quindi che « la tularemia è una patologia molto infettiva, trasmissibile all’uomo con estrema facilità e che può essere contratta anche durante la manipolazione e lo scuoiamento delle lepri morte oltre che attraverso il morso o le punture di acari e insetti (zecche e zanzare) e all’ingestione di acqua contaminata». Viene pertanto chiesta « la massima attenzione e collaborazione per cercare di evitare che le persone (cacciatori, guardiacaccia) impegnati in questo periodo nelle operazioni di cattura e lancio delle lepri siano colpiti da questa malattia» e si invitano «tutti coloro che sono da ritenersi potenzialmente esposti a seguire le precise indicazioni».
È necessario quindi «che le carcasse di lepre, eventualmente ritrovate sul territorio, siano manipolate con le dovute precauzioni e segnalate o recapitate agli Uffici veterinari delle Ulss, che si avvarranno dei laboratori degli Istituti zooprofilattici e in particolare del Centro di referenza nazionale per la tularemia di Pavia per gli indispensabili approfondimenti diagnostici.
In particolare coloro che maneggiano lepri morte ed anche micromammiferi devono utilizzare guanti protettivi (meglio in gomma, da cucina, in quanto quelli in lattice si possono rompere più facilmente) e mascherina per la protezione individuale, oltre all’utilizzo di sacchi contenitori a tenuta stagna per le carcasse animali».
Quanto alla rabbia che ha colpito alcune volpi, già da alcune settimane sono stati disseminati nelle zone più a rischio del Nordest (compreso l’Alto Vicentino) milioni di bocconi contenenti il vaccino.
Fonte: Il Giornale di Vicenza