Di sicuro è stata una delle misure più controverse della Legge di Bilancio: il vaccino anticoncezionale per frenare l’emergenza cinghiale, tanto voluto dal mondo animalista, ha scatenato un putiferio incredibile. Per fortuna non si è dato seguito alla proposta e la LAV (Lega Anti Vivisezione) ha pensato bene di contestare questo presunto ritardo: “È scaduto il 1° marzo il termine entro il quale il Ministro della Salute avrebbe dovuto autorizzare la sperimentazione del vaccino immunocontraccettivo GonaCon, ovvero del farmaco che, somministrato ai cinghiali, consente di bloccarne la riproduzione per un periodo che può arrivare fino a sei anni con una singola dose. Ma di questo provvedimento, indicato al comma 705 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio 2022, non c’è alcuna traccia nelle stanze del Ministero. Una situazione intollerabile se si considera che sono stati stanziati 500.000 euro per l’acquisto e l’utilizzo del farmaco nel nostro Paese“.
Purtroppo l’associazione crede ancora che si tratti di una proposta valida: “L’avvio dello sviluppo del farmaco immunocontraccettivo, rappresenta il primo passo per raggiungere l’ambizioso obiettivo di avere finalmente a disposizione un metodo non cruento, non letale e soprattutto efficace, da applicare in tutti i casi nei quali fino a oggi è stato fatto ricorso ai fucili dei cacciatori, causando milioni di morti fra gli animali selvatici“.
Non poteva mancare l’inevitabile frecciatina nei confronti del mondo della caccia: “L’opinione diffusa è infatti vittima della propaganda venatoria, secondo la quale solo i cacciatori sarebbero in grado di contenere i danni all’agricoltura imputati agli animali selvatici, ma le evidenze raccontano l’esatto contrario. Negli ultimi decenni, infatti, i danni dichiarati dagli agricoltori sono costantemente cresciuti, nonostante gli animali subiscano una pressione venatoria fortissima e nonostante dal 2005 tutti gli ungulati, cinghiali compresi, possono essere cacciati tutti i giorni dell’anno a qualsiasi ora. È perciò evidente che la caccia non solo non è in grado di contenere i danni prodotti all’agricoltura, ma contribuisce invece al loro incremento“.