Il Magnus 2,4-16×56 offre alla pupilla umana uno spazio enorme. A questa comodità per l’occhio si aggiungono la costruzione ottica con il gruppo di lenti oculari sovradimensionato e la tecnologia dei rivestimenti delle lenti. Tutto questo regala a chi mira con il Magnus una sensazione mai provata prima di luminosità e assenza di costrizione per l’occhio. Spieghiamo il perché. La trasmissione di luce è la parte di luce esistente nell’ambiente, che una volta entrata dall’obiettivo riesce a percorrere le 8-10 e più lenti di un cannocchiale da puntamento e arrivare fino all’occhio che sta mirando.
Se è vero infatti, che più luce arriva all’occhio al crepuscolo meglio è, ai fini di dare il giusto peso ai messaggi commerciali è bene sapere che nessun occhio umano è in grado di percepire la differenza di trasmissione di luce che offre un cannocchiale da 92% rispetto a uno da 95%. Limiti di precisione del nostro occhio, o del cervello, se vogliamo. La scienza dice che ci vuole almeno un 5% di differenza perché l’uomo sia in grado di percepirla. E’ fondamentale sapere che la capacità del cannocchiale di consentire la mira fino al limite della notte non è dovuta soltanto alla trasmissione di luce. La luce, ovvero l’immagine, infatti, deve essere “addomesticata”, disegnando l’architettura dell’ottica e lavorando le lenti (e i loro rivestimenti antiriflesso!) in modo da tendere quanto più possibile a eliminare l’aberrazione cromatica (l’alone che appare intorno alla sagoma dell’animale che si osserva) e assicurare contrasti (la definizione dei bordi dell’animale rispetto allo sfondo) perfetti.
A parità di trasmissione di luce di due ottiche, quella con i contrasti migliori permetterà all’occhio di vedere la sagoma dell’animale con i contorni più nettamente definiti rispetto allo sfondo e quando viene sera è proprio il non riuscire più a distinguere l’animale rispetto allo sfondo quello che letteralmente manda a casa il cacciatore. Se si confrontano sul campo varie ottiche con trasmissione di luce simile (tra il 90 e il 96%), si vede come in condizioni di luce estremamente scarsa a vincere non è quella con la maggior trasmissione, ma quella che offre i contrasti e la pupilla d’uscita migliori, dando grazie a queste caratteristiche il grosso vantaggio di non stancare subito l’occhio e anche quello di consentire di cacciare per qualche prezioso minuto in più.
La pupilla d’uscita è lo spazio all’interno dell’ottica in cui la pupilla umana ha la libertà di muoversi per mirare e si può valutare nelle sue dimensioni guardando nell’ottica da circa 40cm di distanza (dalla parte dell’oculare); contrariamente al caso del binocolo, per il quale il diametro della pupilla d’uscita è una funzione meramente aritmetica (diametro dell’obiettivo “diviso” ingrandimento), nel cannocchiale da puntamento dipende dalla capacità degli ingegneri di concepire un’architettura ottica che offra una pupilla d’uscita generosa. Più è grande la pupilla d’uscita, meno faticoso e pericoloso sarà mirare per una pupilla che si dilata al crepuscolo o con condizioni di luce scarsa. Il Leica Magnus offre un diametro della pupilla d’uscita di 12.1 mm (al minimo ingrandimento). Sono misure da record. E’ uno spazio enorme.
A completare l’elevata qualità della parte ottica del cannocchiale Leica Magnus 2,4-16×56 è la robustissima parte meccanica. Il Leica Magnus 2.4-16x56i di Leica vanta una costruzione interna particolare con il reticolo appoggiato su un tubo incastrato in quello principale ideata per dare massima robustezza dei sui componenti. Il meccanismo dei clic è in acciaio 60 HRC per garantire il preciso e sicuro spostamento del reticolo e la tenuta anche con calibri pesanti.
In conclusione, grazie alla perfezione ottica delle lenti, alla pupilla d’uscita record e alla meccanica infallibile, il Leica Magnus 2,4-16×56 è il miglior cannocchiale per la caccia di selezione oggi presente sul mercato.