“Uncem da sempre sta dalla parte degli allevatori, delle imprese agricole, di chi svolge un ruolo attivo nelle aree montane – aggiunge Riba – Per questo, sia sulla questione lupo sia sul proliferare di ungulati, crediamo sia necessario riaprire un’attenta riflessione con la Regione Piemonte e le altre Regioni dell’arco alpino. Un’azione slegata da vincoli pseudo-ambientalisti costruiti senza conoscere la fatica e l’impegno di chi tiene in vita il territorio montano. Sugli ungulati, se i censimenti confermano che sono troppi, bisogna permettere prelievi aggiuntivi. I danni per allevatori e agricoltori sono aumentati negli anni e le imprese vanno tutelate. Sul lupo, la riflessione è da fare a livello di arco alpino. Dare la caccia al lupo è pressoché impossibile. Ma dobbiamo agire affinché non si smobiliti il presidio del territorio garantito da imprese e margari.
Il lupo si muove in territori sempre meno antropizzati, aree invase da bosco non gestito. Il Piano lupo a livello nazionale deve partire dalla esigenza di tutelare, non solo la biodiversità alpina, ma soprattutto l’uomo e le sue imprese che garantiscono sviluppo sociale ed economico nelle aree montane. La presenza del lupo non può minare la presenza dei montanari con le greggi di pecore e le mandrie di vacche da portare in alpeggio, al pascolo. Per gli esemplari sbranati, gli indennizzi sono sempre più bassi e i cani, oltre alle reti, non sono la soluzione. Il Piano lupo, che Governo e Parlamento dovranno analizzare a breve dopo anni di sospensione, riparta dunque dalle esigenze dei montanari e degli allevatori. Uncem è pronta a fare la sua parte”.
VCO 24