Tre mesi fa Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta aveva depositato le proprie osservazioni al DDL 83/2020 “Disposizioni collegate alla legge di stabilità regionale 2020”. “Avevamo chiesto che tutti gli articoli che regolano la caccia fossero stralciati e rinviati ad un esame approfondito. Oggi, senza alcun confronto, senza alcun approfondimento, ci troviamo nuovamente di fronte ad una legge sbagliata e pericolosa. Il DDL prevede, fra l’altro: l’abrogazione del divieto di caccia per quindici specie ad oggi protette (fischione, canapiglia, mestolone, codone, marzaiola, folaga, porciglione, frullino, pavoncella, combattente, moriglione, allodola, merlo, pernice bianca, lepre variabile); la deroga al divieto d’inserimento di fauna selvatica “pronta caccia”; il via libera al nomadismo venatorio, inserendo la possibilità per un cacciatore di cacciare non solo nell’ATC in cui ha fissato la propria dimora venatoria, ma potenzialmente in tutti gli ATC regionali; il via libera alla caccia notturna al cinghiale; il ridimensionamento dell’utilizzo di capi d’abbigliamento ad alta visibilità”.
“In un momento in cui si parla di ‘rinascita’, di ‘ripartenza’, non è ragionevole procedere a tutto sprone su norme divisive e complesse come quelle contenute nel DDL in questione. Non è un buon modo per ripartire. In questo momento storico – dichiara Giorgio Prino, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – è pericoloso prevedere maggiore mobilità venatoria (specie, tempi e spazi). Una vera e propria deregulation per un’attività assolutamente non necessaria al Paese, che inoltre crea danni alla fauna e all’ambiente. Sarebbe esattamente l’opposto rispetto a quanto tutte le indicazioni scientifiche chiedono per difendere la salute dei cittadini e favorire e sostenere una ripresa sociale ed economica in un contesto fortemente cambiato dalla pandemia“.
“Stiamo assistendo ad un tentativo evidente e completamente ingiustificato di andare verso il grilletto libero – dichiara Angelo Porta, vicepresidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – Fra le specie a cui si vuole aprire la caccia alcune sono “minacciate a livello globale”, altre che sono in pericolo sul continente Europeo, altre infine a forte rischio in relazione ai cambiamenti climatici dell’ambiente montano. La caccia notturna con ausilio di fonti luminose mette a forte rischio tutta la fauna selvatica e non solo gli ungulati oggetto del provvedimento e, in ultimo, gli stessi cacciatori. L’unica limitazione che si prospetta, ovvero la possibilità di vietare la caccia su un fondo aperto, è legata ad un piano faunistico regionale inesistente, che la giunta regionale ha rinviato di tre anni e che aspettiamo da solo 28 anni. È assurdo che per il divertimento di una esigua minoranza, peraltro in costante calo, della cittadinanza piemontese, si mettano in pericolo la sopravvivenza di specie protette e ricchezze ambientali che possono rappresentare il volano di una prossima ripresa economica” (Ossola News).
Ma che cavolate immani scrivono questi quattro ignorantelli? Parlano quasi fossero scienziati e a stento riconoscerebbero un asino da una mucca. Sempre che quest’ultima abbia le corna. Rassegnatevi ambientalisti e animalisti. Ci riprenderemo tutto ciò che voi con l’avallo di qualche politico di parte avete RAPINATO a tutti noi cacciatori.