Pochi giorni fa è stata resa nota la sentenza del Giudice di Pace che ha condannato l’Ambito Territoriale di Caccia di Avezzano a risarcire un cacciatore del luogo a causa dell’assegnazione di un’area per la caccia al cinghiale definita “non idonea”. La replica dell’ATC abruzzese non si è fatta attendere. Come aggiornato oggi dal quotidiano Il Centro, infatti, il presidente Giacomo Di Domenico ha fatto sapere che ci sarà il ricorso in appello contro la pronuncia, visto che la zona assegnata nel caso dibattuto no n può essere definita pericolosa. Inoltre, l’Ambito ha sottolineato come la Provincia dell’Aquila non abbia mai accertato nulla in questo senso, di conseguenza la caccia al cinghiale è stata autorizzata in modo più che regolare.
L’ATC ha ribadito il rispetto per la sentenza di cui si sta parlando, senza però tralasciare i dubbi e le perplessità che sono sorti dopo aver letto le motivazioni del giudice e che verranno rimarcati nell’appello. Di Domenico si è anche rivolto polemicamente a coloro che hanno intenzione di sfruttare la pronuncia per battere cassa, dato che altri cacciatori potrebbero chiedere un risarcimento simile prendendo spunto da quello che è ormai un importante precedente.
Secondo l’Ambito Territoriale di Caccia la vicenda ha assunto dei contorni singolari, in quanto lo stesso caso era stato giudicato in precedenza dai magistrati in senso contrario: è stato smentito categoricamente che in Procura siano aperte altre inchieste con le stesse motivazioni del cacciatore 36enne a cui è stato accettato il ricorso. Una ulteriore precisazione riguarda la Corte dei Conti. Come spiegato dal presidente dell’ATC, l’organo di rilievo costituzionale non controlla gli Ambiti Territoriali di Caccia, come avviene invece nel caso di altri organismi pubblici.
In base a quanto stabilito dal Giudice di Pace, l’area assegnata, nello specifico quella denominata “La Cesalonga”, non era adatta al prelievo venatorio. In aggiunta, era stato spiegato come un dirigente si fosse rivolto a Di Domenico per cercare una soluzione alternativa per il gruppo composto da 22 cacciatori (“I Limieri”). La Provincia dell’Aquilia riconobbe i pericoli lamentati dal cacciatore abruzzese. Il riferimento agli altri componenti della squadra non è casuale, visto che gran parte della polemica ha fatto leva sul fatto che i cacciatori avevano pagato in maniera regolare le tasse per garantire l’iscrizione all’ATC, senza avere però la possibilità di abbattere i cinghiali nel corso della stagione venatoria 2013-2014. Da quanto si sta intuendo, non sarà di sicuro l’ultima parola della vicenda, si attendono ulteriori sviluppi e repliche.