Diversamente da quanto si crede, gli investimenti dei cacciatori sono volti anche e soprattutto al miglioramento ambientale (il Sindacato ha parlato di centinaia di migliaia di euro), una tutela territoriale di cui si parla troppo poco. Questi interventi sono a tutto vantaggio della biodiversità e non solo delle 40 specie cacciabili. La petizione ricorda anche le strategie fallimentari di animalisti e ambientalisti per risolvere il problema dei cinghiali, visto che si è preferita una protezione integrale e la creazione di zone protette in cui i selvatici si sono riprodotti in maniera inverosimile.
SVI ha accusato anche le associazioni venatorie riconosciute, troppo immobili e incapaci di far sentire la loro voce. Secondo l’iniziativa i 500mila cacciatori italiani sono stanchi di essere rappresentati da dirigenti con una dubbia preparazione venatoria. L’unione della caccia è l’unica strada da percorrere per salvare questa passione.