La prima volta che ho sentito parlare della Lacrima di Morro d’Alba, un po’ ignorantemente, ho subito pensato che si trattasse di un’uva proveniente dalla famosa cittadina piemontese. Soltanto dopo ho scoperto invece che Morro d’Alba è un piccolo paesino della provincia anconetana a pochi chilometri dal Mare Adriatico. Ma scopriamo qualcosa in più su quest’uva da cui nasce un vino dai profumi davvero caratteristici e peculiari! Partiamo, innanzitutto, dal nome che sembra derivare da una particolarità dell’acino, che una volta maturo, si spacca e fuoriescono goccioline di succo, le quali ricordano appunto le lacrime. Studi attuali hanno escluso l’antica credenza secondo cui, per via di questo fenomeno, le uve potessero essere soggette a qualche malattia. In realtà si tratta semplicemente di una fragilità propria di questo vitigno.
Non mancano, ovviamente, altre ipotesi sul nome. Ad esempio, c’è chi lo lega alla forma allungata degli acini, o chi vuole che quest’uva sia lontanamente imparentata con l’uva Lacrima spagnola. Una curiosità: al nome di questo vitigno può essere anteposto l’articolo determinativo sia al maschile, sia al femminile perché entrambe le forme sono corrette. Le origini della Lacrima di Morro si spingono indietro nel tempo. Sembra, infatti, che fosse già conosciuta da Federico Barbarossa nel 1167, avendone bevuto il vino prodotto mentre soggiornava presso il castello di Morro d’Alba. In passato era molto diffusa nel centro e sud Italia e la si poteva trovare anche in Romagna, in Umbria, in Puglia, fino in Campania, dove veniva coltivata “maritando” la vite ad un tutore vivo, come l’acero o l’olmo. La difficile coltivazione e la facilità con cui è soggetta ai parassiti hanno fatto sì che la sua coltivazione nel tempo sia stata progressivamente abbandonata a favore di varietà più resistenti e produttive fino a rimanere nella sola zona di Morro d’Alba e di alcuni comuni confinanti per una superficie vitata di soli 10 ettari circa.
Soltanto verso la metà degli anni ’80 è iniziato da parte di alcuni viticoltori un lavoro di recupero di questo vitigno che rischiava l’estinzione, attraverso l’utilizzo di sistemi di allevamento moderni e l’istituzione della DOC dedicata. Oggi le superfici vitate sono in deciso aumento nei territori, previsti dalla Denominazione, dei comuni di Morro d’Alba, Belvedere Ostrense, Monte San Vito, Ostra, San Marcello e Senigallia e la Lacrima di Morro d’Alba è diventata per produzione la terza uva a bacca nera delle Marche.
Ma veniamo finalmente al vino che si ottiene dalla vinificazione in purezza di quest’uva, dal colore rosso rubino con riflessi violacei. Ciò che colpisce sono i suoi profumi intensi e profondi che ricordano in maniera netta frutti rossi, come la fragola e la ciliegia, e frutti di bosco come i mirtilli e le more. Ma l’altra caratteristica olfattiva della Lacrima sono gli effluvi di viole e, nei migliori vini, di rose. Proprio per queste intense connotazioni aromatiche si predilige una lavorazione in acciaio, che ci regala al palato vini dotati di freschezza, discreta struttura e morbidi tannini, con una propensione all’invecchiamento, soprattutto nella versione Superiore, fino ai 10 anni, ma anche oltre, con risultati sorprendenti e interessanti. Non mancano, ovviamente, espressioni che maturano in legno, che offrono al palato sorsi altrettanto entusiasmanti.
A questo punto non ci resta che girare per cantine e fare tappa a Morro d’Alba presso l’azienda di Stefano Mancinelli, che da sempre punta alla qualità dei suoi vini attraverso un controllo delle quantità di uve prodotte sia con le operazioni di potatura secca, sia con un diradamento dei grappoli durante la fase dell’invaiatura. Qui è possibile un vero e proprio excursus sulla Lacrima di Morro d’Alba, che va dalla sua versione più disimpegnata che fa macerazione carbonica per esaltarne l’aromaticità, alle versioni d’annata o Superiore, dai profumi intensi, fino alla versione spumantizzata secondo il Metodo Classico, dal colore rubino con riflessi granata e dal perlage fine e persistente.
Rimanendo nel comune di Morro d’Alba non si può non visitare Marotti Campi, cantina storica che inizia la sua attività già nella metà del 1800. La filosofia seguita è quella di un’agricoltura a basso impatto ambientale, limitando i trattamenti in vigna al minimo indispensabile. L’Orgiolo, la loro Lacrima di Morro d’Alba in versione Superiore, matura per 12 mesi in vecchie barrique e ricorda all’olfatto le erbe della macchia mediterranea.
Ci si può spostare, poi, a Belverse Ostrense presso l’Azienda Agricola Landi Luciano, dove le vigne godono di lunghe ore di sole che si avvicendano a notti fresche, e di brezze che arrivano dal mare e che mitigano la temperatura dei mesi più freddi. Il suo Gavigliano affina per il 50% in botti piccole di rovere francese per un periodo di 6 mesi per conferire al calice un bouquet più fine e una maggiore armonia.
E, infine, una sosta a Montignano di Senigallia dove Piergiovanni Giusti ha realizzato una cantina appositamente per la vinificazione della Lacrima. La Selezione Rubbjano è la sua riserva e nasce dalle uve provenienti dal vigneto più vecchio dell’azienda e che vengono vendemmiate in tre passaggi in base al raggiungimento dello stato di maturazione ottimale.
E ora ci staremo tutti chiedendo come e con cosa bere la Lacrima di Morro d’Alba!
Servita a una temperatura di 16-18°, è da provare in accompagnamento ai salumi del territorio marchigiano (come il salame tipo “Fabriano” o i Ciarimboli, prodotti con le budella di maiale), a primi piatti a base di ragù di carne, oppure a secondi piatti preparati con carni bianche. Inoltre, grazie ai suoi tannini vellutati questo vino può essere abbinato anche a un classico della tradizione locale, come il brodetto di pesce all’anconetana. Intrigante anche la versione passita da bere su formaggi stagionati, erborinati, o sulla pasticceria secca, o ancora sul cioccolato fondente.
Prosit!