Ai consueti problemi per la pubblica incolumità dei fruitori di boschi e campagne (il mancato rispetto delle distanze di sicurezza da case e strade carrozzabili è la violazione più frequente), si aggiungono quelli di specie selvatiche in declino (come coturnice, pernice bianca, canapiglia, tortora, beccaccia, moriglione, pavoncella, allodola, per citarne alcune), minacciate dalla persecuzione diretta della caccia. Gravissima l’emergenza dello scarso turnover del personale pubblico di vigilanza venatoria della polizia provinciale, preposto ai controlli (decimato dalla legge finanziaria 2015 e dai provvedimenti successivi alla legge Madia) . Ancora in gran parte inattuato da Regioni e Ministro dell’Ambiente il Piano nazionale di contrasto agli illeciti contro gli uccelli selvatici , approvato dalla Conferenza Stato-Regioni nel marzo 2017.
Al dramma delle “sacche” territoriali ove il bracconaggio è ancora consistente (es. : Delta del Po, porzioni della Sardegna, Capitanata, isole minori siciliane, costiera amalfitana, isole campane, l’intera provincia di Brescia, ecc.), si aggiunge la continua legislazione regionale illegittima, perché in contrasto con disposizioni statali e comunitarie, con una dozzina di leggi regionali (ad esempio per Liguria, Toscana e Lombardia). impugnate presso la Corte Costituzionale nell’ultimo anno dal Consiglio dei Ministri. Nemmeno orso e lupo sono formalmente al sicuro dalla furia ignorante di amministratori locali demagoghi, come nel caso di Trentino ed Alto Adige, sempre impegnati -anche di recente- a promuovere deroghe per l’eliminazione di alcuni esemplari dei grandi carnivori selvatici”.