Si entra nel vivo della stagione venatoria, che nella provincia di Siena riguarda circa 7 mila cacciatori. Dal primo ottobre è già consentita la caccia al cinghiale in gruppo nelle zone bianche, dal primo novembre sarà possibile effettuarla dappertutto. Ma in realtà con le nuove leggi in vigore l’attività nel territorio non si ferma mai. “Sin da febbraio – spiega Sergio Fratelli, presidente provinciale di Libera caccia – è consentita la caccia di selezione, quella effettuata da singoli cacciatori che possono posizionarsi in luoghi che vengono loro assegnati”. Si può cacciare tre giorni alla settimana: il sabato, la domenica e un giorno tra il mercoledì e il giovedì.
Il martedì e il venerdì sono invece giorni di silenzio venatorio. Le giornate di caccia vanno comunicate all’Atc di riferimento. Dal primo novembre, comunque, le zone saranno assegnate a cacciatori e squadre. Quando si parla di attività venatoria il pensiero va ormai soprattutto ai cinghiali. Ciò avviene per vari motivi, soprattutto perché questi animali negli ultimi anni hanno vissuto una grande proliferazione. Costituiscono un problema e un danno per gli agricoltori, in quanto danneggiano le colture (per gli allevatori il problema principale è invece rappresentato da volpi e lupi), e spesso anche per automobilisti e motociclisti.
Nel tempo si è moltiplicato infatti il numero di incidenti stradali causati dalla presenza di cinghiali e ungulati che attraversano le carreggiate. Dopo il periodo del lockdown della primavera del 2020 la situazione è emersa chiaramente ad occhio nudo a tanti cittadini, con questi animali che sono spesso arrivati in luoghi prospicenti le abitazioni e i centri di varie città e paesi. Afferma Fratelli: “La delibera in tal senso della Regione Toscana sulla caccia di selezione è stata molto coraggiosa. Di cinghiali ce ne sono tanti, anche se la situazione muta da zona a zona. Nelle crete ce ne sono un po’ di meno, molti di più sono presenti in Valdorcia e anche nel Chianti dove ci sono zone boschive che sono habitat perfetti per questi animali. Per il resto la densità dei caprioli è abbastanza controllata, anche se in forte aumento.
I cervi e i daini sono sotto controllo e isolati in alcune zone della provincia, penso alla Montagnola e all’area tra Montalcino e l’Amiata. Il problema più grande è invece la piccola selvaggina, che sta scomparendo”. Su tale questione si sofferma a lungo il presidente provinciale di Libera caccia. Dalle sue parole emerge una realtà faunistica, e al contempo venatoria, che in pochi anni si è fortemente modificata: “Non possiamo essere contenti per quel che è accaduto alla minuta selvaggina, come fagiani e lepri – afferma. – Un tempo questo era il fiore all’occhiello del nostro territorio, che al riguardo rappresentava un’eccellenza nazionale. Oggi invece il fagiano è quasi scomparso. Varie sono le ragioni e le spiegazioni.
La gestione dell’Atc non è stata a mio avviso ottimale, sono stati immessi nel territorio dei capi non autoctoni. Poi dobbiamo considerare il cambio di colture e le attuali coltivazioni intensive, che non hanno favorito questi animali e hanno invece agevolato cinghiali e volpi. E ovviamente l’accresciuta presenza di animali nocivi non ha aiutato la piccola selvaggina”. Tutto ciò, dice Fratelli, ha modificato la realtà faunistica dell’area senese. “E infatti ora si parla solamente di caccia al cinghiale – dichiara –. Io rispetto la natura e da un punto di vista etico dico che cacciare il cinghiale per 365 giorni all’anno porta a qualcosa di molto diverso rispetto a quel che conoscevamo. Sparare d’estate a una cinghiala a mio avviso non è caccia”.
C’è, per questo mondo, anche un problema di ricambio generazionale. “I giovani si avvicinano sempre meno alla nostra realtà – dichiara Fratelli, – quindi l’età media di chi fa parte del settore inevitabilmente cresce. Io spero in una gestione migliore da parte delle Atc, noi ci teniamo che il territorio sia rigoglioso. E’ vero che i danni da cinghiale sono troppo alti, ma risorse dovrebbero essere assegnate anche alla piccola selvaggina. Ci sono pure troppi campi abbandonati, il fagiano ormai non sa nemmeno dove andare per difendersi dalle volpi. Non stiamo vivendo un bel periodo per quel che riguarda l’attività venatoria” (Corriere di Siena).