Ha acceso il dibattito tra i cacciatori (umbri e non solo) la notizia dell’ipotesi al vaglio della Regione Umbria di posticipare di un mese la caccia al cinghiale. Una misura (quella di far sparare dal primo novembre sino alla fine di gennaio), che a giudizio della Regione può aiutare nell’azione di contenimento dei cinghiali, che stanno creando danni alle attività agricoli e rappresentano un’insidia sulle strade. Diversi cacciatori plaudono all’azione del neo assessore Roberto Morroni, che dopo un primo confronto con le associazioni agricoli e venatorie ha già prospettato delle novità nella gestione dei cinghiali, con compiti maggiori affidati agli Atc e la creazione di squadre di cacciatori per il pronto intervento in caso di animali selvatici avvistati in luoghi pericolosi, cioè vicino a strada e ferrovie.
Già nelle vicine Marche si caccia da novembre a gennaio, con due giornate di battuta a ottobre. C’è poi, tra i cacciatori, chi chiede che il periodo di caccia venga allungato oltre i tre mesi. Ma anche chi contesta che esista una vera emergenza. E poi c’è chi attacca direttamente la gestione fatta da alcune squadre, che hanno introdotto specie non autoctone e limitano gli abbattimenti, nonostante le quote assegnate dagli Atc in base alle zone. Confagricoltura, intervenendo dopo le novità prospettate dall’assessore Morroni in Consulta, plaude alla scelta della Regione di venire incontro alle esigenze degli allevatori.
Scelte che sembrano andare nella direzione di limitare l’autonomia finora concessa alle squadre di cinghialisti. L’assessore Morroni ha anche annunciato che intende facilitare lo sviluppo della filiera delle carni di selvaggina per perseguire obiettivi economici e di sanità. Per ultimo, al fine di contenere il proliferare di cinghiali, ha evidenziato come alcuni interventi saranno mirati per le aree a Parco, dove gli animali selvatici si riproducono spesso in modo incontrollato, per poi riversarsi nel resto del territorio (Tutt’oggi).