La Terza Sezione della Corte di Cassazione si è espressa nelle scorse sulla nozione di esercizio venatorio. Secondo i giudici, con questo termine non si intendono solamente la cattura e l’abbattimento della selvaggina, ma anche le attività preliminari e la predisposizione dei mezzi e ogni altro atto diretto al prelievo successivo. L’attitudine e l’esercizio della caccia, inoltre, si desumono dalla situazione di pericolo.
L’intervento degli ermellini si è reso necessario in seguito alla condanna pecuniaria di due persone per aver esercitato la caccia in orario notturno, trasportando una carabina con dispositivo attivo e caricatore munito di tre colpi: i bersagli, inoltre, erano stati illuminati con i fari dell’auto e torce elettriche. Entrambi hanno chiesto l’annullamento della sentenza, visto che il Tribunale aveva ignorato (secondo la loro tesi difensiva) che si trovavano nel bosco e di notte per cercare il loro cane che si era allontanato.
La presenza della carabina, inoltre, avrebbe comunque fatto venire meno l’atteggiamento di caccia, in quanto scarica e in una custodia separata dalle munizioni. Il ricorso è stato però dichiarato inammissibile. La presenza della carabina, delle munizioni e l’accensioni delle luci hanno convinto la Cassazione che l’atteggiamento era effettivamente da caccia, come spiegato inizialmente per chiarire la nozione dell’esercizio venatorio.