Nel secondo dopoguerra i tedeschi impiegarono giusto una ventina d’anni per riaffacciarsi sul mercato delle cartucce per anima rigata dove, nel frattempo e per intuibili motivi, gli statunitensi avevano piazzato i loro calibri dando ben poco spazio ai concorrenti della vecchia Europa. Così nel 1965 la RWS presenta la prima cartuccia che chiameremmo post 1945, e lo fa da par suo per contrastare, superandole, le diverse .22 ad alta intensità che a cavallo della II GM avevano conquistato il favore della clientela fattasi intanto più attenta non solo alla caccia, ma ugualmente al tiro di poligono. La 5,6×57 RWS, anche in versione 5,6x57R a collarino per i basculanti, si impone all’attenzione con numeri di vendita non strabilianti, ma certo di riguardo e prestazioni eccellenti.
Tre anni più tardi è il canto del cigno della vecchia DWM, sigla cara a tutti gli oplofili oggi fortunatamente rinata e presente, entrata anche lei nel campo delle .22 molto brillanti con la 5,6x50R: nasce proprio così con la versione a collarino prevedendo una maggior attenzione per complemento nei fucili basculanti, magari quale seconda canna rigata di un Bockdrilling da affiancare al 12/70 e al classico 7x65R; il successo pone poco dopo sul palcoscenico la sorella scanalata per carabina e la Steyr, ad esempio, produceva regolarmente il suo Mod. Steyr Mannlicher così camerato e prescelto nelle zone austriache o dell’Italia dell’est per il capriolo. Segue ancora una proposta di RWS con la 6,5×65, normale o R, altro successo che merita attenzione per il rendimento sul campo mentre a metà degli Anni 80 una nuova firma propone quella misura mai così seguita dal mondo mitteleuropeo: i 6 millimetri.
Un’azienda di Pfinztal, presso Karlsruhe, la Ingenieurbüro Frères, studia la sua nuova cartuccia ricavandone il bossolo dal ben noto 9,3×62 di Otto Bock: invariate le dimensioni del fondello e del corpo, si chiude di 5° l’angolo di spalla, passando a circa 40°, e si accorcia di circa 1,8 mm la misura del colletto: la differenze adattano la cartuccia ai nuovi criteri per un miglior sfruttamento della polvere che, secondo diverse prove, dev’essere del tipo progressivo e in dose cospicua. Interessante leggere le considerazioni statunitensi che subito osservano come non sia possibile ricavare il bossolame dalla .30-06 Sprg. per la differente misura del fondello: qui da noi pare che tutti se ne siano fatta una ragione e gli interessati abbiano proseguito nell’acquisto e nell’uso di questa diretta concorrente della .240 Weatherby. La produzione commerciale viene affidata alla Ruag Ammotec di Fürth come alla Men, Metallwerk Elisenhütte G.m.b.H. di Nassau/Lahn e i caricamenti prevedono palle da 87 e 100 gr. Pare che la cartuccia, non certo di facile gestione e per questo giudicata talvolta un po’ isterica e bizzosa, voglia solo cose di vertice: una ricarica con 58,3 gr di N/165 e palla Nosler Partition da 85 gr segna 1040 m/sec di V/2 e a 100 m tre colpi in meno di ½ MOA, mentre un’altra carica con 56,5 gr di MRP e palla Hornady V-Max da 87 gr dà 980 m/sec. di V/2 e rosata verticalizzata da 0,6 di MOA.
Hanno frenato ultimamente la diffusione di questo progetto il fattore costo, davvero rimarchevole sia per i bossoli vuoti e ancor più per le cariche originali, la reperibilità non sempre pronta e immediata in tutte le armerie, e da ultimo quella selettività intrinseca per le ricariche con cui non tutti entrano rapidamente in sintonia. Per contro la 6×62 Frères ha dalla sua la facilità di gestione al tiro dove il rinculo è davvero modesto in rapporto alle prestazioni erogate grazie a cui si può insidiare dal capriolo al camoscio, dal daino al muflone: è pure concessa qualche digressione sul cervo se si ha il benestare delle leggi e la capacità di non esagerare nella lunghezza del tiro, piazzando la palla in maniera molto accurata.