Se non ci fossero i boschi non ci sarebbero gli incendi boschivi, il problema sarebbe risolto all’origine, e non dovremmo più confrontarci come quelli drammatici del giugno 2017 divampati in Portogallo, o come i fuochi che stanno divampando in tutta Italia in questo agosto rovente. Tuttavia, non potendo rinunciare alle foreste e ai loro servizi fondamentali (protezione del suolo, biodiversità, turismo, energia, fornitura di materia prima rinnovabile) dobbiamo necessariamente confrontarci con il fuoco nei sistemi forestali e imparare a governare questo fenomeno partendo dalle sue radici, ovvero dalla conoscenza e dalla gestione dei boschi, delle foreste e delle altre terre boscate in dinamica evoluzione ed interazione con gli spazi rurali. Ma allora cosa bisogna fare per proteggersi da questa drammatica realtà e cosa fare al fine di valutare correttamente il danno ambientale occorso dal passaggio del fuoco sui terreni.
Oggi la strategia, praticamente unica almeno in Italia, si basa prevalentemente sulla estinzione del fuoco. Questo piano prevede una struttura antincendio capace di intervenire tempestivamente con mezzi numerosi su un territorio vasto. Tuttavia, gli incendi hanno da sempre una grande incognita: presentano un’elevata variabilità da un anno all’altro che dipende da diverse condizioni predisponenti e determinanti, e in primo luogo dalla variabilità meteorologica, infatti i fenomeni atmosferici giocano un ruolo chiave nella diffusione del fuoco.. Inoltre, tecnicamente, la strategia di attacco al fuoco in Italia si basa soprattutto utilizzando l’acqua per lo spegnimento dei roghi. Basti pensare all’estate del 2007 quando il sistema di lotta nazionale è andato in crisi a causa degli incendi simultanei nel Sud Italia e condizioni di vento che non permettevano l’impiego dei mezzi aerei. Basta guardare cosa sta accadendo da luglio 2017, prevalentemente a causa di incendiari per profitto o per altro crimine, che attivano il fuoco con acceleranti o altri ordigni incendiari artefatti con composti organici e posti all’interno delle foreste secondo disegni criminali bel definiti ma difficilmente individuabili nell’immediatezza da chi preposto per Status o dalla collettività onesta. Avere una sola strategia non è saggio. Diversamente, una strategia che integra l’estinzione con azioni preventive di gestione del bosco che lo rendano meno suscettibile ai grandi incendi è più efficace nel mitigare il rischio. La verità sugli incendi boschivi è che serve gestire i boschi in funzione della loro ecologia e dei servizi che forniscono alle varie comunità, con l’obiettivo di diminuire la biomassa più infiammabile e quindi rendere le fiamme meno veloci, intense e severe possibile. Tutto sta cambiando nel settore forestale. Allo spopolamento delle aree interne e montane corrisponde in alcuni casi anche un vero e proprio smantellamento di alcuni servizi tecnici e, a livello centrale, la transizione istituzionale sta durando a lungo, aumentando i rischi di perdere preziose opportunità. La gestione degli incendi in Italia deve cambiare e non essere più solo basata sull’estinzione dei roghi.
Serve invece integrare l’estinzione con la pianificazione forestale e quella territoriale, l’educazione ambientale rivolta innanzitutto alle scuole, e la prevenzione attraverso la cura del bosco, bene insostituibile per migliorare il benessere e la qualità della vita della collettività. Inoltre serve maggior coesione tra chi dice di far parte di correnti animaliste, naturaliste o con chi, con fatti concreti e opere di volontariato, contribuiscono ad ausiliare gli operatori forestali attivati dallo Stato per le opera di spegnimento e prevenzione antincendio, cioè Noi cacciatori. Ricordo che i cacciatori sono molto attivi come volontari antincendio, nonché sinonimo da sempre di “primi guardiani dei boschi”, il tutto al fine di migliorarne lo sviluppo di una coscienza verso una caccia più sostenibile e una tutela maggiore della fauna selvatica e del patrimonio agroforestale.
A Voi le opportune valutazioni..