Federazione Italia della Caccia – ISPRA, rivestendo le funzioni di ente tecnico, ha fornito alle Regioni una serie di indicazioni sul comportamento da tenere a seguito di condizioni particolari ed eccezionali come la carenza di ossigeno negli specchi d’acqua, gli ingenti danni riportati dagli ambienti percorsi dal fuoco, la scarsità di precipitazioni. È suo dovere, senza alcun dubbio, svolgere questo compito e pur muovendo delle osservazioni sulle conclusioni cui giunge che illustriamo nella nota allegata, non è a questo ruolo che troviamo obiezioni.
Non possiamo fare a meno però di chiedere a ISPRA per quale motivo si limita a compiere solo l’ultima parte di quello che dovrebbe essere il suo lavoro. Invece di far ricadere sull’anello finale e più debole della catena, ovvero i cacciatori, tutte le conseguenze derivanti da un insieme di criticità gestionali in cui è o dovrebbe essere parte attiva, perché non svolge l’altra parte del suo mandato, quella più importante, cioè dare indicazioni per prevenirle e se possibile risolverle?
ISPRA sa benissimo che non è la caccia a provocare, ad esempio, scarsa ossigenazione nelle acque degli ambienti palustri, situazione anzi spesso mitigata o evitata proprio nei chiari aperti alla attività venatoria, quanto piuttosto l’impossibilità di intervenire con sfalci e regimazione delle acque nelle ampie zone sottoposte a protezione e tutela, che in gran parte significa abbandonate a se stesse, secondo la discutibile convinzione che la natura si regola da sola.
Non sono i cacciatori che appiccano gli incendi – anzi hanno dimostrato anche in questa triste stagione ancora una volta essere una componente essenziale nel loro spegnimento e prevenzione – ma la quasi impossibilità di gestire i boschi e le aree naturali per tutta una serie di vincoli, lacci e divieti che li trasformano in bombe pronte a esplodere per mano dei piromani.
Dove è ISPRA “nel prima”? Una volta dimostrato di aver fatto tutto il possibile, di aver dato a Regioni e cittadini tutte le armi per affrontare queste problematiche, solo allora potrebbe anche chiedere ulteriori sacrifici. Ma pensare che basti chiudere la caccia prima di aver svolto le sue funzioni al 100 per cento, col massimo rispetto, a noi sembra solo un modo di lavarsi la coscienza.
Il Presidente Nazionale
Massimo Buconi
Roma, 13 settembre 2021 – Ufficio Stampa FIdC