L’Isola d’Elba, la perla dell’Arcipelago toscano diventata nel 2003 Riserva Unesco, invasa e devastata dai cinghiali che ne mettono a rischio il patrimonio di biodiversità. La comunità elbana è in rivolta da Portoferraio a Marina di Campo, da Capoliveri a Marciana. Più di 70 realtà del tessuto civile, produttivo, culturale e ambientalista hanno aderito ad una petizione lanciata dal Comitato per l’eradicazione del cinghiale, per chiedere alla Regione Toscana la cancellazione dell’Elba come “area vocata alla caccia cinghiale”, il contenimento a zero del cinghiale (come è in corso di attuazione sull’isola dell’Asinara, in Sardegna) lo stralcio dell’Elba dal Piano faunistico e venatorio regionale, che è in fase di riscrittura.
E’ un appello accorato ad agire, prima che sia troppo tardi e la situazione diventi irrimediabile, quello che si alza dall’Elba indirizzato alla giunta regionale. Le richieste del Comitato sono state fatte proprie anche dai sindaci, dall’intera comunità isolana e dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. “Si tratta di riconoscere la peculiarità della condizione insulare anche in relazione alla fragilità degli equilibri ecologici di un ambiente unico racchiuso in un piccolo lembo di terra ed avviare, insieme al Parco, un piano di contenimento a zero del cinghiale utilizzando un progetto Life, lo strumento di finanziamento dell’Unione Europea per l’ambiente e il clima, o le risorse del Pnrr”, dice Vittorio Rigoli, imprenditore agricolo, una delle anime del Comitato per l’eradicazione del cinghiale all’Elba. “La mia azienda agricola – racconta – si trova nella piana di Lacona.
Ho sempre avversato le recinzioni, penso che dove sia necessario definire una proprietà o una funzione d’uso si possano utilizzare siepi o semplici staccionate. Ma ora, come altri coltivatori, devo recintare tutto se voglio ancora produrre qualcosa sottraendo le colture alla devastazione sistematica operata dai cinghiali”. Il cinghiale è stato introdotto nel 1963 per esclusivi scopi venatori. Quella dell’Elba è una specie ibrida ad alta capacità riproduttiva. E infatti ha preso il sopravvento e ora minaccia l’isola. “La presenza degli ungulati, cresciuta a dismisura, rischia di eradicare la biodiversità elbana e i suoi habitat naturali tra foreste, pinete, macchia mediterranea e boschi, il cui valore ambientale, geologico e culturale è stato riconosciuto nel 2003 dall’Unesco”. I cinghiali sono ormai dappertutto.
Padroni dell’isola. Vagano per le strade, sui sentieri battuti da ciclisti ed escursionisti, girano alla ricerca di cibo devastando la campagna e i campi coltivati, le vigne, i boschi e le pinete e si spingono ormai fin dentro i giardini delle case e attorno alle attività turistiche. Si sono impadroniti anche del sito archeologico “Villa romana delle Grotte” e hanno rovinato persino l’”Open air museum Italo Bolano” e il campo da rugby. La presenza massiccia di ungulati costituisce una minaccia esiziale per le attività agricole esistenti e future. Così che sono aumentati nel tempo i danni alle proprietà private e pubbliche e il pericolo per le persone. Le colture agricole che resistono sono tutte recintate (con grave danno al paesaggio e al movimento della fauna selvatica autoctona), pena la scomparsa ad opera dei cinghiali.
La contabilità dei danni è ingente, quotidiana. E ora fa paura anche la peste suina, che si teme possa sbarcare sull’isola trovando terreno di coltura tra migliaia e migliaia di cinghiali. Non solo. Il patrimonio della biodiversità, con tutta la ricchezza di piccola fauna e vegetali, si sta impoverendo. Il sottobosco è scomparso, i muretti a secco non resistono all’assalto degli animali. I versanti perdono stabilità. Il conto da pagare è salatissimo: umano, economico, paesaggistico, energetico. Un’emergenza che coinvolge l’intera comunità elbana. Che ora si aspetta che la Regione Toscana non si attardi oltre nel mettere a punto una strategia efficace per il contenimento a zero degli ungulati.
La mobilitazione ha trovato il punto di raccolta nel Comitato per l’eradicazione del cinghiale dall’Elba che ha preparato un corposo e rigoroso dossier di approfondimento scientifico e storico della questione. Sulla base dello studio la Comunità del Parco ha deliberato all’unanimità la richiesta urgente alla Regione di revocare l’area vocata per la caccia al cinghiale e di predisporre un piano di intervento mirante al contenimento a zero. La delibera (invocata da anni da parte delle aziende agricole) è stata avallata dalle amministrazioni comunali, dal Parco Nazionale Arcipelago Toscano, dalle associazioni ecologiste e da tutte le categorie economiche.
“Il momento per agire è particolarmente favorevole quanto a possibilità di reperimento delle risorse necessarie utilizzando progetti “life” o del Pnrr – spiegano al Comitato – Se si perde questo treno ci si dovrà rassegnare alla definitiva devastazione della biodiversità e dell’assetto idrografico nonché delle campagne e dei giardini. Richiamiamo la Regione alle proprie responsabilità. Il rischio è che si affidi nuovamente la soluzione del problema a chi lo ha generato, ovvero le organizzazioni venatorie. Occorre un sussulto di dignità istituzionale e di coraggio politico per assicurare un finale diverso a questa annosissima quanto devastante vicenda” (Elba Report).