Incidenti di caccia: il Governo ha risposto all’interpellanza parlamentare presentata dall’on. Ceccacci Rubino riguardante le possibili limitazioni adottabili per prevenire gli incidenti di caccia.
A dare risposta all’interpellanza Ceccacci Rubino in questione è stato il sottosegretario all’interno Saverio Ruperto, in conformità a quanto comunicato dai Ministeri dell’ambiente e dell’interno: “In riferimento alle problematiche inerenti gli incidenti occorsi durante l’attività venatoria ed altre situazioni connesse alla caccia, si condivide la preoccupazione e la necessità di maggiore attenzione, sia durante l’attività venatoria sia per la custodia delle armi. Riguardo alla detenzione di armi a canna lunga si precisa che il numero delle licenze di porto di fucile per uso di caccia rilasciate o rinnovate in Italia è rimasto negli ultimi anni sostanzialmente stabile, attestandosi intorno alle 800 mila unità. Tuttavia, nessuna delle banche dati in uso alle forze di polizia è in grado di elaborare dati sull’età media dei cacciatori”.
Proseguendo Ruperto ha spiegato, “Per quanto riguarda le problematiche connesse alla verifica del possesso dei previsti requisiti fisici e psichici da parte delle persone che portano legittimamente armi – tematiche alla costante attenzione del Ministero dell’interno – si richiama la modifica della normativa introdotta con il decreto legislativo n. 204 del 2010, concernente il recepimento della direttiva 2008/51/CE, entrata in vigore il 1o luglio 2011. In particolare prevede l’emanazione di un decreto del Ministro della Salute, adottato di concerto con il Ministro dell’Interno, con il quale saranno ridisciplinate le modalità di accertamento dei requisiti psico-fisici per l’idoneità all’acquisizione, alla detenzione ed al conseguimento di qualunque licenza di porto d’armi, compresa quella per uso di caccia.
Si soggiunge, inoltre, che, secondo le normative vigenti, ai fini del rilascio della licenza di porto d’armi per uso di caccia, per difesa personale e via dicendo, è necessario presentare il certificato di idoneità al maneggio delle armi, rilasciato da una sezione del Tiro a Segno Nazionale, con l’eccezione di coloro i quali hanno prestato o prestano servizio nelle Forze armate dello Stato, per i quali l’idoneità tecnica è presunta.
Sotto tale specifico profilo, tenuto conto che, in molti casi, chi pratica l’attività venatoria ha prestato servizio di leva in un periodo di tempo anche molto lontano, nel predetto decreto legislativo n.204 del 2010 è stata inserita una disposizione di modifica dell’articolo 8 della già citata legge n. 110 del 1975, con la quale la presunta idoneità tecnica al maneggio delle armi opererà soltanto in favore di coloro i quali hanno prestato servizio nelle Forze armate o in uno dei corpi armati dello Stato nei dieci anni antecedenti alla presentazione della prima istanza di rilascio del titolo di Polizia.
Per quel che riguarda la vigilanza venatoria, si rappresenta che tale attività è affidata, in base alle disposizioni contenute nella legge n.157 del 1992, concernente norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, agli agenti e ufficiali che rivestono le qualifiche di polizia giudiziaria ed alle guardie venatorie volontarie aderenti alle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale. Tali compiti vengono svolti principalmente dal Corpo forestale dello Stato e dagli agenti ed ufficiali dei corpi di polizia dipendenti dalle province. Per quanto riguarda la distanza di sicurezza per lo sparo, si evidenzia che questa è già adeguatamente disciplinata dall’articolo 21 della suddetta legge.
In relazione alla ricerca di metodi incruenti per il contenimento di specie faunistiche in esubero o problematiche, in base alle disposizioni contenute all’articolo 19 della legge n.157 del 1992, si precisa che il ricorso a mezzi cruenti costituisce la soluzione estrema adottabile solo a seguito di risultati negativi su altre possibili, da effettuare con metodi ecologici. In tali situazioni, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) valuta caso per caso, a seguito di appositi studi, e può autorizzare un piano di controllo che può anche prevedere l’utilizzo di armi da fuoco.
Per ciò che attiene l’immissione in natura di specie problematiche e da contenere, i piani di immissione di fauna selvatica vengono valutati e approvati dalle province e interessano i ripopolamenti effettuati all’interno degli ambiti territoriali di caccia ed aziende faunistico-venatorie, in base alle leggi regionali, sovente anche con espressione di parere da parte dell’ISPRA. In proposito, si evidenzia che detto istituto sconsiglia l’immissione di selvaggina problematica, anche se cacciabile, che potrebbe arrecare nocumento alla biodiversità. Inoltre, è al vaglio del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali una proposta di modifica della normativa vigente nella quale verrebbe previsto il divieto di immissione di cinghiali sul territorio, con conseguente sanzione per i trasgressori.
Relativamente, infine, all’accesso dei cacciatori all’interno dei fondi privati, secondo quanto disposto dall’articolo 842 del codice civile, si ricorda che una modifica della norma è stata già proposta numerose volte ed è attualmente al vaglio del Parlamento”.
19 dicembre 2012