In Val d’Orcia alcuni agricoltori sono stati minacciati da presunti cacciatori cinghialai come farebbero dei mafiosi; nella bufera anche il Presidente dell’ATC di Chianciano.
Infatti grazie alla disponibilità alimentare garantita così dai cacciatori, si amplifica la potenzialità riproduttiva del cinghiale accrescendone il numero. Nella sostanza si viene a determinarsi quasi una sorta di allevamento allo stato brado (ma nell’altrui proprietà). Alla fine un gruppo di circa dieci agricoltori, proprietari dei terreni indicati tra i Comuni di Sarteano e di Pienza in Val d’Orcia, esasperato dalle continue razzie perpetrate dai cinghiali sui loro campi e dall’atteggiamento di un gruppo di “cinghialai” si è rivolto con un’istanza formale alla Provincia di Siena, tramite uno Studio Legale, chiedendo che lo status di area vocata sia uniformato a quanto previsto dalla legge e quindi revocato.
A questo punto la Provincia di Siena, che secondo gli agricoltori interessati avrebbe avuto “un atteggiamento encomiabile”, ha preso subito in esame le considerazioni degli imprenditori agricoli e, sempre secondo gli agricoltori, “denotando grande professionalità e competenza, avrebbe trasmesso, con estrema correttezza, gli atti della questione, tra cui anche l’istanza degli agricoltori, all’A.T.C. Siena 19”. E’ successo però, il 29 ottobre scorso, che il Presidente della stessa A.T.C., Alfio Sanchini, come affermato da alcuni testimoni, in una riunione convocata con i cacciatori del cinghiale avrebbe letto proprio ai “cinghialai” i nomi del gruppo di agricoltori firmatari dell’istanza. Probabilmente a seguito di questo comportamento del Presidente dell’ATC, che ora dovrebbe essere sottoposto al vaglio degli inquirenti, a qualcuno potrebbe essere venuto in mente, come purtroppo è accaduto, di minacciare gli agricoltori firmatari.
Del resto, come hanno raccontato gli stessi agricoltori alcuni “cinghialai” si sarebbero già resi protagonisti di episodi quanto meno discutibili se non proprio illegali. “In un mio terreno – ha detto l’agricoltore Roberto Ricci – hanno installato dei macchinari (vedi foto) che servono a dar da mangiare automaticamente ai cinghiali tutto l’anno, con il risultato che qui c’è una presenza abnorme di questi ungulati che hanno potuto prosperare e riprodursi in massa grazie alla grande disponibilità alimentare messa a disposizione dai cacciatori. Se vogliono allevare con il cibo i cinghiali lo facciano ma nella loro proprietà, non nella mia. Inoltre non capisco che soddisfazione possa esservi a cacciare questi animali praticamente addomesticati con il cibo tanto che di fatto hanno perso anche la diffidenza nei confronti dell’uomo”.
Un altro agricoltore, Gianni Micheli, ha invece raccontato che “i “cinghialai” sono venuti con decine di auto tra cui grossi fuoristrada e malgrado le mie raccomandazioni, sono entrati nella proprietà quando il terreno era ancora bagnato rovinando ovviamente tutto. E se provi a dire qualcosa, ti inveiscono contro. Inoltre nell’area che abbiamo chiesto venga adeguata allo status di non vocata la superficie coltivata è di circa l’80%. Mi chiedo come possa essere considerata vocata alla presenza del cinghiale. La verità è che alcuni “cinghialai” vogliono che questa zona così coltivata sia iscritta tra le aree vocate perché così vi possono cacciare il cinghiale soltanto loro e sono quindi liberi di gestire il numero e la caccia degli animali quasi come vogliono”.
Ad un altro degli agricoltori firmatari, Duilio Rappuoli (quello che ha appena ricevuto la lettera minatoria), è capitato di peggio: “i cinghiali lo scorso anno mi hanno divorato una quantità di uva che credo sia stata di circa 200 quintali, ma mi sono stati riconosciuti solo 100 quintali di indennizzo. E’ esasperante dover chiedere i danni. Cercano sempre di minimizzare ed hai la sensazione che ti vogliano quasi incolpare. Poi se chiedi che sia effettuato un intervento di contenimento urgente, con il fatto che ci troviamo tra l’altro all’interno dell’area vocata alla presenza del cinghiale, gli interventi abbisognano di un iter burocratico più lungo e sono gli stessi “cinghialai” che vengono incaricati di effettuare l’intervento. Spesso c’è chi si riempie la bocca del sostegno agli agricoltori nella questione ungulati ma poi però viene data in affidamento la loro gestione proprio a chi dietro al cinghiale ha costruito un vero e proprio giro d’affari, ovviamente alle spalle di noi agricoltori che coltiviamo i campi ed i vigneti invece che per le nostre famiglie, per i loro cinghiali. L’ unico ente che ci è sempre stato vicino ed in cui noi confidiamo e da sempre crediamo – ha concluso Rappuoli – è la Provincia: con quest’istanza ci siamo così affidati completamente nelle loro mani”.
13 novembre 2013
Fonte: Centritalia NewsOnline