In questo momento, in provincia di Bergamo 13 mila persone hanno un porto d’arma da fuoco. Fucile da caccia (in quel caso si parla di licenza), pistola per uso sportivo, tanti, difesa personale, pochi. Poi c’è il resto, in più. Sono le persone che possiedono un’arma per i più disparati motivi, perché ereditata o con un vecchio porto d’arma scaduto, per esempio. Devono denunciarla ai carabinieri competenti per luogo di residenza (per la città, in questura), allegando un certificato medico. Porto o possesso sono due cose diverse, ma il risultato è identico: un’arma in casa. Se la fotografia è di 13 mila porti d’arma, il numero è destinato ad aumentare.
Ogni anno arrivano 2.500 richieste, tra nuovi e rinnovi: la questura ne rilascia 500-600 solo di nuovi per uso sportivo, mentre sono 200 tra no e revoche. Prevalgono le richieste per uso sportivo, mentre i nuovi cacciatori stanno diminuendo, sulle 20/30 richieste. Avere un porto d’arma non significa poter circolare armati, cosa concessa solo per difesa personale (lo rilascia la prefettura, negli altri casi la questura) riservata a un centinaio di persone esposte per lavoro o per documentati episodi. Nel caso dell’uso sportivo, la pistola può essere portata fuori dall’abitazione, scarica e nella sua custodia, solo per il tragitto casa-poligono e ritorno.
Lo stesso vale per il fucile: casa-zona di caccia. Per avere il porto d’armi (anche per la sola detenzione) serve il certificato del medico di base che va portato all’Ats oppure a un medico militare presso un’autoscuola. Vale 3 mesi, entro i quali si va al poligono per ricevere un’abilitazione che viene presentata in questura. A questo punto è l’ufficio armi ad occuparsi dell’istruttoria, approfondendo non solo se ci sono denunce o precedenti di polizia ma anche raccogliendo informazioni sul territorio per capire se la persona é affidabile. Per i cacciatori serve anche una abilitazione venatoria, dopo un corso in Provincia.
Dal 2018, il rinnovo del porto d’armi va fatto ogni 5 anni e non più 6 (con la trafila del certificato medico e dell’istruttoria). L’articolo 39 del testo unico di pubblica sicurezza prevede che «nei casi d’urgenza, gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza provvedono all’immediato ritiro cautelare» dell’arma. In caso di minacce o di una lite, per esempio. Il ritiro viene comunicato alla questura o alla prefettura che, vagliato caso per caso, decideranno se togliere il porto d’armi. Fosse anche solo un eccesso di cautela, intanto fucile o pistola sono messi al riparo (Corriere di Bergamo).