Negli ultimi anni la carne di selvaggina è diventata sempre più richiesta. Questo perché la selvaggina cacciata tramite un’attività venatoria corretta e rispettosa, sia dell’animale e sia dell’ambiente, proviene da esemplari nati e vissuti in totale libertà ed è di certo più salutare e ricca di proprietà nutrizionali rispetto alla carne degli allevamenti intensivi. Tuttavia prima di portarla a tavola, se vuoi esaltare al massimo il suo sapore e le sue qualità organolettiche, è necessario sin dal momento dell’abbattimento prestare attenzione al trattamento del selvatico. Una volta prelevato infatti, una serie di reazioni biologiche e chimiche danno il via a un naturale irrigidimento delle fibre che rendono dura la carne nell’immediato. Come puoi rimediare a tutto questo? Con la frollatura.
La tecnica della frollatura delle carni di selvaggina
Se ti è mai successo di dover mangiare selvaggina poco masticabile e dall’eccessivo sapore di selvatico, allora probabilmente ciò in cui ti sei imbattuto era carne dalla cattiva frollatura o non frollata per nulla. La frollatura è un trattamento indispensabile che porta alla trasformazione del muscolo in carne e che rende le carni più gustose, morbide e digeribili.
La frollatura ha inizio subito dopo l’abbattimento dell’animale e si suddivide in due fasi:
- Rigor mortis o rigidità cadaverica, durante la quale i muscoli si irrigidiscono diventando particolarmente duri;
- Post rigor, dove agiscono gli enzimi rendendo la carne morbida.
Si tratta di una tecnica di trasformazione tramite la quale la carne viene fatta maturare all’interno di ambienti controllati con lo scopo di rilassarne le fibre muscolari. Dopo la maturazione, la carne quindi non può avere sapori o odori sgradevoli o rancidi. Se questo avviene è solo ed esclusivamente perché qualcosa è andata storta durante il processo di frollatura e perché le condizioni ambientali sbagliate hanno favorito il nutrimento dei batteri che hanno rovinato la carne.
Alla base di una frollatura corretta ci sono essenzialmente tre fattori:
- bassa temperatura, che deve aggirarsi tra gli 0 e i 4 gradi;
- alta umidità, tra l’85% e il 90%;
- corretta areazione sempre costante per permettere alla carne di “respirare”.
Durante questo processo, tanto importante quanto decisivo per la qualità del prodotto finale, dovrai anche stare attento a non fare essiccare la carne, cosa che potrebbe portarla alla putrefazione, e a non abbassare in modo repentino la temperatura della carcassa. Dovrai infatti far raggiungere gradualmente alla carne una temperatura di circa 4°C anche nella parte più interne, ovvero quelle vicino all’osso della coscia. É a questo punto che intervengono gli enzimi che contribuiscono al rilassamento delle fibre e a fornire alle carni quel caratteristico e particolare sapore, concentrato ma mai sgradevole, del selvatico.
Durate e tecniche di frollatura
La durata del processo di frollatura varia. A giocare un ruolo fondamentale per quanto riguarda i tempi sono infatti:
- la specie e le dimensioni dell’animale;
- l’età;
- la sua alimentazione.
Sulla base di questi fattori, si è visto per esempio che un esemplare adulto risponde meglio a una frollatura più lunga rispetto a uno più giovane. Questo perché gli adulti che hanno goduto di una buona alimentazione hanno uno strato più consistente di grasso che protegge meglio la carne e la impermealizza trattenendo i liquidi ed evitando un significativo calo di peso in cella. In linea di massima, per gli uccelli bastano solitamente i 3-4 giorni di frollatura, mentre per gli animali più grandi si può arrivare fino a 8-9 giorni.
Esistono tuttavia diverse tecniche di frollatura, da quelle più veloci del sottovuoto a quelle più lunghe della frollatura a secco.
Frollatura sottovuoto
Nelle frollature sottovuoto la carne viene frollata in piccoli tagli all’interno di sacchetti a bassa temperatura per circa una settimana. In assenza di ossigeno questa tende a espellere una percentuale dei suoi liquidi che faranno ammorbidire più velocemente le fibre, ma non ne intensificheranno più di tanto il sapore.
Frollatura a secco
Questa tecnica di frollatura può arrivare a un massimo di 120 giorni ed è più indicata per carni dallo spessore di grasso considerevole e dal maggior valore qualitativo. Nell’arco di quattro settimane la carne sarà passata da uno stadio dove si presentava dall’aspetto brillante e dalla consistenza dura a un altro in cui appare più invecchiata, tenera e saporita.
Da questo momento in poi potrai continuare a frollare la carne fino a 120 giorni. Questa avrà formato nella sua parte più esterna una specie di crosticina protettiva (uno strato di muffa nobile creata dall’umidità) che, alla fine del processo, dovrai eliminare. A questo punto vedrai venir fuori la carne sottostante con il suo bel colore rosso brillante e il suo aspetto succulento.