La Prima Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia si è espresso sul ricorso presentato da un’armeria contro il Ministero dell’Interno, la Prefettura e la Questura di Bergamo. L’azienda ha chiesto l’annullamento di un decreto del Questore che aveva revocato la licenza di pubblica sicurezza per la riparazione delle armi comuni da sparo. Nel gennaio del 2017 la licenza era stata rinnovata ai titolari, padre e figlio: nello specifico si trattava anche della possibilità di vendere materiale esplodente e fino a 60mila cartucce per armi lunghe.
Qualche mese dopo, però, era stata riscontrata la mancata iscrizione delle armi nel registro delle operazioni giornaliere. In particolare, l’elenco includeva carabine e diversi fucili da caccia. Nel registro non erano state compilate bene nemmeno le sezioni relative al carico e scarico di esplosivi, mancando 6400 cartucce. La condanna aveva portato a una multa di oltre 6mila euro. I giudici del TAR hanno confermato la presena di una violazione di legge per quel che riguarda la custodia e la circolazione delle armi.
Allo stesso tempo è stato riconosciuto come le armerie registrino le armi in due momenti, inserendo il modulo nella canna e poi entro l’orario di chiusura del negozio. La revoca della licenza è stata ritenuta sproporzionata. L’attenzione dei titolari è diminuita a causa della prassi di registrare le armi in due momenti, anche perchè la consegna poteva essere avvenuta poco prima dell’ispezione. Di conseguenza il ricorso è stato accolto.