Arci Caccia ha riportato questo comunicato diffuso dallo Studio Legale Guidi di Urbino, che riporta le considerazioni espresse dal TAR della Regione Marche in merito ad un ricorso intentato da un professionista nei confronti dell’ATC Pesaro 1. Importante dal nostro punto di vista il chiarimento sulla natura giuridica degli ATC, che come sancisce la sentenza sono soggetti privati con funzioni pubbliche, soggetti quindi a tutti quei paletti e quelle norme che vincolano chi lavori nella cosa pubblica:
Con sentenza n. 411 depositata il 18 novembre 2019, il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche si è pronunciato con sentenza definitiva, accogliendo il ricorso di un professionista difeso dall’avvocato Leonardo Guidi del Foro di Urbino contro l’Ambito Territoriale di Caccia Pesaro 1.
Oggetto del ricorso un bando, pubblicato in data 23 settembre 2019, con cui l’ATC Pesaro 1 aveva avviato una procedura per l’affidamento dei servizi di assistenza tecnica per la gestione faunistica venatoria nel triennio 2020-2023, prorogabile di altri tre anni e con un importo complessivo pari ad € 180.000. Il ricorrente, in possesso delle qualifiche professionali indicate dalle norme regionali, contestava che tra i requisiti di ammissione alla selezione, a pena di esclusione, fosse previsto l’avvenuto svolgimento di un servizio di almeno tre anni in favore di almeno un ATC marchigiano. Il TAR Marche ha accolto il ricorso ed annullato l’atto impugnato, accertando la violazione della disciplina regionale in tema di requisiti del personale tecnico addetto alle attività di pianificazione e gestione faunistico venatoria, del difetto di motivazione e della violazione di principi in materia di gare pubbliche.
Il Tribunale ha inoltre affermato che la limitazione imposta dall’ATC è contraria ai principi di libera concorrenza, di parità di trattamento, di non discriminazione e di proporzionalità sanciti dai Trattati istitutivi dell’Unione Europea e/o elaborati in sede giurisdizionale dalla Corte di Giustizia, nonché estremamente restrittiva, avendo impedito in difetto di ogni motivazione la partecipazione di concorrenti che abbiano maturato la propria esperienza in altre regioni. Elemento significativo della sentenza è, tuttavia, il punto di chiarezza sulla natura giuridica e le funzioni che svolgono gli ATC, fino ad oggi controversi e ambigui nelle Marche. In sostanza l’ATC ha sostenuto che, in virtù della sua natura giuridica di associazione di diritto privato, sarebbe risultato immune dall’osservanza di regole di matrice pubblicistica e dal rispetto dei principi che governano i pubblici poteri.
In accoglimento delle istanze del ricorrente, il TAR ha invece affermato la sua giurisdizione, riconoscendo che “come sostenuto dalla giurisprudenza largamente prevalente in materia, la normativa sulla caccia rende direttamente compartecipi i soggetti interessati ad un aspetto ludico della vita associata, con la migliore gestione della risorsa costituita dalla selvaggina cacciabile, espressamente dichiarata bene patrimoniale indisponibile dello Stato (art. 1 della legge n. 157 del 1992). Ne deriva che l’ambito territoriale di caccia non perde la preminente natura di associazione di diritto privato, ma per determinate attribuzioni svolge funzioni pubbliche mediante l’esercizio di poteri autoritativi: ciò è sufficiente a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo sull’impugnativa degli atti del Comitato di gestione”.
La sentenza del TAR – afferma l’Avv. Guidi – “ha ribadito la natura pubblica delle procedure di affidamento dei servizi di gestione faunistica che, a prescindere dalle caratteristiche del soggetto che se ne occupa (nella specie l’ATC, associazione di diritto privato), devono essere gestite nel rispetto dei principi di parità di trattamento, non discriminazione, concorrenza, trasparenza, imparzialità e proporzionalità, al pari di ogni pubblica amministrazione, trattandosi di potere riconducibile all’esercizio di funzioni pubbliche, in ragione della natura collettiva del bene oggetto di tutela”. Alla luce di tale sentenza, anche gli ATC marchigiani, come del resto lo sono quelli dell’Emilia Romagna, dell’Umbria e dell’Abruzzo (per citare solo le regioni limitrofe), debbono essere considerati soggetti privati che svolgono funzioni pubbliche in tutti i compiti di gestione della fauna selvatica loro affidate. Evidenti e logiche sono le conseguenze che gli ATC marchigiani dovranno affrontare. In termini di cambiamenti e novità nella prassi amministrativa, nella gestione della fauna selvatica e nel rapporto con l’Amministrazione regionale, rispetto a quanto avvenuto fino ad oggi.