La Facoltà di Economia “Carlo Bo” dell’Università degli Studi di Urbino ha condotto una ricerca molto interessante che verrà presentata proprio oggi in occasione dell’apertura ufficiale dell’HIT Show di Vicenza. L’ateneo ha esaminato le condizioni di salute dell’industria armiera italiana: la produzione di armi e munizioni per uso civile, per la caccia e lo sport ha un valore di quasi 7,3 milioni di euro, vale a dire lo 0,44% del prodotto interno lordo.
Gli occupati del comparto sono invece 87549 (lo 0,56% del totale). In aggiunta, il settore è cresciuto di ben 19 punti percentuali rispetto a otto anni fa, grazie soprattutto alle esportazioni (oltre il 90% del risultato complessivo). Gli ultimi dati risalivano al 2010 e sono di un certo pregio. In effetti, il settore armiero ammonta nel suo complesso a quasi un miliardo di euro, per la precisione 909 milioni, mentre l’impatto è superiore ai 759 milioni. Un calo c’è comunque stato, vale a dire il valore dei settori legati alla domanda di prodotti e servizi da parte di cacciatori e tiratori.
La crisi ha avuto un’influenza inevitabile, senza però dimenticare le leggi italiane, non poco penalizzanti. Come sottolineato da Stefano Fiocchi, numero uno dell’ANPAM, stime del genere certificano l’eccellenza industriale del comparto armiero, vera e propria espressione della manifattura Made in Italy. In poche parole si deve parlare di una industria in salute, con un valore di occupazione e di produttività in crescita: il mercato estero, poi, considera ancora l’Italia un punto di riferimento, anche se per Fiocchi si dovrebbe mettere sullo stesso piano il nostro sistema con quello degli altri paesi europei.