Una delle situazioni più complesse e pericolose di un volo aereo è quella del cosiddetto “bird strike”, l’impatto (purtroppo non raro) dei motori del velivolo con stormi di uccelli. La pandemia da coronavirus e il conseguente lockdown non hanno fatto altro che accentuare il fenomeno, allargandolo anche ad altre specie, tanto da parlare senza problemi di “wild strike”. In poche parole, dopo le restrizioni legate al covid, è aumentato il rischio di impatti tra vettori e animali selvatici, sia in pista che in volo.
La conferma è arrivata nelle ultime ore dall’ENAC (Ente nazionale per l’aviazione civile), l’autorità che regola l’aviazione nel nostro paese. In sintesi, tra il 2020 e il 2021 gli scontri tra aerei e fauna selvatica sono stati oltre 1.600 (1.617 per la precisione), un numero che non può lasciare indifferenti se si pensa che i voli sono stati ridotti drasticamente proprio a causa della pandemia.
La compagnia low-cost Ryanair ha segnalato il maggior numero di casi (più del 28%, dunque poco meno di un terzo), seguita da Alitalia (14.3%) e Wizz Air (9,8%). Gli isolamenti legati al lockdown hanno dato un impulso alla riproduzione di gabbiani, piccioni, lepri e conigli, tanto da rendere la loro presenza ancora più frequente nelle zone vicine agli scali.