Sui temi relativi alla gestione degli ungulati ed in particolar modo sul cinghiale, siamo abituati a discussioni continue e non sempre suffragate da elementi tecnico scientifici corretti. Non sempre però, la scienza o almeno determinati studi specifici, sembrano confermare alcune presunte certezze che spesso vengono evidenziate per dare giustificazione all’aumento esponenziale del cinghiale sul territorio. Uno di questi esempi è sicuramente quello dell’ibridazione della specie. Ibridazione ed aumento demografico andrebbero di pari passo.
Il dott. Francesco Santilli, noto Tecnico faunistico che da anni collabora con la nostra struttura tecnica, ha messo in evidenza attraverso un post pubblicato sulla pagina “Gestione faunistica”, di seguito integralmente, riportato, un recente studio – Scandura M. et al. Resilience to historical human manipulations in the genomic variation of Italian wild boar populations. Frontiers in Ecology and Evolution: 2022, 69. – che sembra smentire questa convinzione. “Per anni ci siamo sentiti ripetere che il problema dell’esplosione demografica del cinghiale fosse dovuto in buona parte alla sostituzione e/o ibridazione dei cinghiali maremmani con soggetti importati dal nord Europa più grossi e prolifici e all’ibridazione con i maiali domestici.
Una studio di genetica molecolare ha però enormemente ridimensionato questa convinzione. L’analisi del genoma di 134 capi abbattuti in 6 aree della penisola e in Sardegna, ha evidenziato che le popolazioni italiane, sebbene molto eterogenee, sono ben differenziate da quelle europee e presentano anche un minore variabilità genetica. Inoltre i segni di introgressione (incorporazione di geni da specie, sottospecie o varietà diverse)” sia da cinghiali non italiani che da suini domestici sono apparsi molto limitati.
Sembra quindi che la componente nativa della variabilità genetica di buona parte delle popolazioni italiane di cinghiale, sia nettamente prevalente rispetto a quella di carattere esogeno e che la manipolazioni di carattere antropico (immissioni, incroci e ripopolamenti) abbiano avuto un effetto molto inferiore rispetto a quanto finora ritenuto. L’enorme crescita delle popolazioni di cinghiale è pertanto da ricercarsi principalmente nelle trasformazioni ambientali che hanno caratterizzato il nostro paese, mentre le manipolazioni e i cambiamenti genetici subiti da questa specie hanno avuto un ruolo quasi insignificante.” (CCT).