Il Consiglio di Stato è stato chiamato ad esaminare una settimana fa un caso particolare di rinnovo del porto d’armi. La decisione ha riguardato un precedente penale del possessore del documento e la durata effettiva dello stesso, visto che si doveva capire se la situazione poteva pesare a vita. Per i giudici, si deve valutare nel complesso il soggetto e la sua condotta esistenziale, quindi anche il percorso compiuto dopo aver commesso il reato (soprattutto quando risale a molto tempo prima).
La sentenza in questione ha ribaltato quella del Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna contro un cittadino isolano che si era opposto al no al rinnovo da parte della Questura. Nello specifico, si sta parlando del porto di fucile per uso caccia. L’uomo aveva dei precedenti per falso ideologico, reato che aveva richiesto la reclusione di cinque anni.
Le parole usate dal Consiglio di Stato sono le seguenti: “L’Amministrazione, insomma, nel vagliare l’istanza del privato, deve svolgere un’istruttoria congrua ed adeguata, di cui deve dar conto in motivazione, che le consenta una valutazione complessiva del soggetto e dunque tenendo conto anche del percorso di vita del richiedente successivo agli eventuali episodi ostativi, e ciò in particolare laddove tali episodi, come nel caso ora in esame, siano risalenti nel tempo.
Il diniego impugnato, invece, ha attribuito esclusivo rilievo a tali condotte risalenti, senza considerare gli ulteriori elementi (in particolare: gli elementi che erano stati valutati dal Prefetto ai fini della revoca del divieto di detenzione di armi e munizioni), che pure emergevano dagli atti e che avrebbero consentito all’Amministrazione una valutazione sull’affidabilità attuale del soggetto”.