Una delle strategie messe a punto dalla ricerca, per ridurre l’impatto dell’intensificazione delle tecniche agricole sulla biodiversità delle nostre campagne, è quello di seminare delle strisce di fiori selvatici lungo gli appezzamenti delle colture. Queste strisce hanno lo scopo di aumentare i predatori naturali dei parassiti delle piante che possono ridurre notevolmente l’utilizzo dei pesticidi in agricoltura. Gli effetti di queste misure si estendono agli insetti impollinatori come le api, e agli uccelli che si nutrono di invertebrati almeno in alcune fasi della loro vita. Per un paese turistico come l’Italia, da non sottovalutare anche il notevole effetto positivo che queste pratiche agronomiche potrebbero apportare al nostro paesaggistico – queste alcune valutazioni sviluppate dal Dott. Agr. Francesco Santilli.
La Confederazione Cacciatori Toscani ha avuto modo, alcuni giorni fa, di richiamare l’attenzione sul recente rapporto ONU e l’enorme perdita di biodiversità che sta colpendo il territorio e i suoi importanti equilibri. Proprio ieri, si è celebrata la giornata mondiale sulla Biodiversità; passare dalle chiacchere ai fatti diventa anche per noi cacciatori un imperativo! Abbiamo l’obbligo di trasformare la nostra naturale sensibilità verso l’ambiente in azioni gestionali concrete e tangibili. Bisogna in pratica coltivare l’ambizione di poter dimostrare che la caccia e i cacciatori riescono a sviluppare un contributo utile per la salvaguardia del territorio e della biodiversità. Soprattutto con la buona gestione faunistica, sarà possibile contribuire ad invertire questo declino ambientale, saldando un nuovo patto con il mondo agricolo.
Occorre andare oltre ai vecchi discorsi, le solite litanie che qualche esperto “della gestione che fu” continua a riproporre. I cambiamenti profondi che il territorio ha subito in questi anni, le pratiche agronomiche improntate alla massima produzione, l’uso dei fitofarmaci etc., non consentono di curare il “malato” con l’aspirina di qualche sporadico intervento di miglioramento ambientale. Occorre una strategia complessiva, investimenti economici e contributi destinati ad intervenire in maniera diffusa su migliaia di ettari di territorio agricolo e forestale con riferimento particolare agli istituti faunistici pubblici e privati. Le nostre Zone di Ripopolamento e Cattura potranno nel futuro assolvere un compito di eccellenza in quanto veri e propri “polmoni” di biodiversità.
Strutture che non permetteremo di trasformare e snaturare come qualcuno vorrebbe fare. Il salto di qualità è dunque possibile. Se vogliamo ricreare la speranza per un ritorno nelle nostre campagne della selvaggina stanziale e di un ambiente vocato anche all’avifauna migratoria, dobbiamo ragionare sulle nuove opportunità che si stanno aprendo in Europa con la riforma della PAC, e su esse rifondare un nuovo patto con il mondo agricolo e gli ATC. La Conferenze Regionali sulla caccia può rappresentare una utile opportunità per l’avvio di questo progetto. Proprio stamani infatti, presenteremo una prima bozza di documento sulle principali proposte che la Confederazione Cacciatori Toscani mette a disposizione del Tavolo di lavoro regionale preparatorio della Conferenza, incentrato sulla crisi della piccola selvaggina stanziale e della migratoria.