In particolare, non viene capito il motivo perchè degli enti con finalità pubbliche e che raccolgono quote di iscrizione per gestire la fauna selvatica perdano i loro poteri proprio quando i danni agli agricoltori sono in aumento. Lo stesso discorso vale per la sicurezza, messa in pericolo dalla densità delle popolazioni dei cinghiali. Secondo Arci Caccia, storia, risultati, cultura e metodologie tradizionali confermano la qualità dei controlli effettuati dalle “squadre”, l’indispensabilità dei cani e delle braccate, l’efficacia nei confronti della tutela del lavoro degli agricoltori.
Lo scenario prospettato dall’associazione non è roseo. Arci Caccia Campania teme infatti un nuovo commercio di animali “catturati” con le “gabbie” per essere rivenduti a caro prezzo e abbattuti da benestanti cacciatori e a tecniche di contenimento lautamente finanziate con le tasse delle tasche dei cittadini, in barba alla tutela delle specie selvatiche e della biodiversità.