Gli italiani e la caccia, indagine conferma il favore per la caccia in particolare nei piccoli centri e in quelli nelle vicinanze di Parchi.
Questi i risultati più importanti della seconda indagine demoscopica dal titolo “Gli Italiani e la caccia”, realizzata dal sociologo Enrico Finzi con Astra Ricerche e commissionata da CNCN (Comitato Nazionale Caccia e Natura), FACE Italia (Federcaccia, Libera Caccia, Anuu Migratoristi, EnalCaccia) e ArciCaccia. La presentazione dello spaccato regionale della ricerca è avvenuta all’interno dell’appuntamento “Caccia&Country Fishing EXPO”, sabato 30 novembre alla presenza dell’assessore regionale Tiberio Rabboni, del presidente della Provincia Forlì-Cesena Massimo Bulbi e del dirigente dell’ISPRA Silvano Toso, oltre a numerosi esponenti delle istituzioni e delle associazioni degli Agricoltori.
L’indagine è stata realizzata nella prima decade di giugno 2013 tramite 2.025 interviste somministrate a un campione rappresentativo degli Italiani 18-80enni, pari a circa 46.1 milioni di adulti, confermandosi (allo stesso modo di quella del 2010) come la più ampia e approfondita analisi del settore mai svolta in Italia. Nell’insieme, la maggioranza degli emiliano-romagnoli si dichiara favorevole alla caccia come è ora in Italia, ovvero normata e sostenibile, tra questi al di sopra della media ci sono gli uomini tra i 18 e i 24 anni, i residenti nei comuni al di sotto dei 30mila abitanti e i residenti nelle aree che includono Parchi. All’opposto, gli ostili sono per la maggior parte donne, ultra44enni, residenti nelle città con più di 30mila abitanti, del tutto disinformati circa le attività venatorie.
L’informazione chiara e diffusa sulla caccia appare quindi ancora una volta il fattore fondamentale, è evidente infatti che una pubblica opinione a conoscenza del fatto che in Italia non è consentita la caccia ‘selvaggia’ sarebbe ancor più favorevole all’attuale attività venatoria, in quanto responsabile e sostenibile. Si conferma che la partita pro o contro la caccia si gioca in Emilia Romagna, così come in Italia, sul gruppo cosiddetto dei “semi-vicini”, che si estendono man mano che cresce e s’intensifica l’informazione sugli attuali vincoli dell’attività venatoria. Per la presentazione dei dati è intervenuto direttamente il sociologo Enrico Finzi – che ha realizzato l’indagine con AstraRicerche – mentre la conclusione del convegno è stata affidata agli interventi dei Presidenti del CNCN Giovanni Ghini, di Federcaccia Gian Luca Dall’Olio, di Arcicaccia Osvaldo Veneziano e di Libera Caccia Paolo Sparvoli.
Di seguito una breve sintesi dei dati relativi all’Emilia-Romagna.
LA VICINANZA – La prima area esplorata è quella del rapporto personale degli emiliano-romagnoli con la caccia. Ben il 57% (in incremento) è in qualche modo vicino alla caccia o perché la pratica, o perché accompagna altri nelle loro attività venatorie, oppure perché ha famigliari o amici cacciatori, o infine perché è stato o è cacciatore.
LA CONOSCENZA – In effetti, solo il 18% non sa assolutamente niente di caccia e di cacciatori, mentre il 25% ha qualche informazione sulle attività venatorie ma essendo ad esse totalmente estraneo. I non cacciatori ma vicini a famigliari/amici/ecc. impegnati in attività venatorie sono il 48% del campione (specie anziani e residenti nei comuni al di sotto dei 30mila abitanti). Gli ex-cacciatori sono il 5% e si caratterizzano per essere soprammedia uomini e 45-54enni. Coloro che vanno a caccia ma non sparano sono il 2%, stessa cifra raggiunta dai cacciatori veri e propri, dato stabile rispetto a tre anni fa.
IL PROFILO – Il profilo di chi va a caccia vede il predominio degli uomini, dei men che 35enni, dei residenti nei comuni medio-piccoli. Ciò smentisce la tesi, diffusa anche nel mondo venatorio, per cui andare a caccia sarebbe un’attività prevalentemente ‘vecchia’ e propria dei gruppi sociali più ‘bassi’ e marginali.
GIUDIZIO/CONSENSO – La seconda area analizzata è quella del giudizio circa la caccia che vede sia il prevalere delle valutazioni positive, sia l’incremento di queste ultime (con un significativo ‘guadagno’ in tre anni). È stato poi verificato il consenso sociale verso i cacciatori. È emerso che coloro che s’impegnano nelle attività venatorie sono oggetto in Emilia-Romagna di un giudizio più favorevole rispetto a quello che concerne la caccia: infatti, i simpatetici sfiorano il 68% della popolazione adulta, con un incremento recente di oltre sette punti percentuali.
L’INFORMAZIONE – Cruciale è sempre la questione dell’informazione sulla caccia, approfondita verificando in primo luogo la conoscenza di diciotto limiti all’esercizio dell’attività venatoria, solo quattro dei quali risultano conosciuti da meno della metà del campione emiliano-romagnolo. In effetti, rispetto alla rilevazione precedente, l’informazione in merito appare assai cresciuta: il trend dell’ultimo triennio mostra il calo degli ignoranti totali o semi-totali dal 37% al 34%, evidentemente per il successo delle strategie comunicazionali messe in atto dal mondo venatorio. Si conferma l’esistenza di una correlazione statistica assai forte tra la notorietà delle norme, il consenso per esse e la buona valutazione della caccia: coloro che si dichiarano ostili alla caccia risultano, infatti, assai meno informati della media. Tali vincoli, tra l’altro, risultano approvati e appoggiati sempre – in tutti i diciotto casi – dalla maggioranza della popolazione 18-80enne di questa regione: il trend mostra un ulteriore incremento del consenso in merito.
L’ANIMALISMO E AMBIENTALISMO – In occasione di questo studio sono stati analizzati anche temi non affrontati nel 2010, a partire dalla cultura animalista, il cui peso risulta minore di 3 punti rispetto all’Italia tutta (dal 51 al 48%). L’indice di animalismo risulta più elevato tra le donne, gli ultra44enni, i residenti nei piccoli comuni, tra coloro che sanno poco o nulla delle attività venatorie. Gli atteggiamenti degli Emiliano-Romagnoli risultano qui non solo contrastanti ma anche spesso ambivalenti, la verità è che molti soggetti che si dichiarano animalisti al dunque non sono affatto ostili all’uccisione di animali a talune condizioni. Solo il 20% degli Emiliano-Romagnoli è risolutamente ostile a qualunque uccisione di un animale, mentre il 64% lo accetta selettivamente e il 16% lo approva senza condizioni.
È stato esplorato inoltre il favore per le organizzazioni animaliste, approvate senza riserve dal 48% e criticate dal 52% (in due casi su tre con particolare virulenza). Solo il 18% sostiene che esse farebbero meglio a occuparsi dei diritti e dei problemi degli umani che sono ben più importanti degli animali, nel mentre in generale esse si differenziano assai dalle organizzazioni ecologiste, le quali godono di un consenso assai più ampio e in molti casi vengono ritenute indipendenti e migliori. L’animalismo appare indebolito da molti comportamenti incongrui e cioè dal fatto che l’85% dei residenti in questa regione mangia carne, l’84% pesce, il 37% selvaggina (anche sotto forma di condimento come nelle pappardelle al cinghiale, ecc.) per cui l’animalismo concreto e coerente non supera il 15% mentre l’ecologismo concreto è pieno e coerente per il 44% e comunque significativo per un altro 43%.
Ufficio stampa CNCN
Segreteria Face Italia
( 2 dicembre 2013 )