Passare dal mero concetto di ‘protezione’ a quello più completo di ‘gestione’. È questo il cuore della proposta di modifica alla legge sulla caccia n. 157/92 che CIA- Agricoltori Italiani chiede al Governo centrale, e che vede unite tutte le associazioni regionali pronte alla mobilitazione nazionale, Umbria compresa. “Alla luce degli attuali cambiamenti ambientali – ha sottolineato il presidente Cia Umbria Matteo Bartolini – l’attuale legge risulta non solo obsoleta e inadatta, ma addirittura deleteria per i nostri imprenditori e per l’intero tessuto economico-ambientale dei territori regionali maggiormente colpiti dal problema degli ungulati, e non solo.
Ribadiamo, ancora una volta, che una politica volta alla mera conservazione della fauna, come tra l’altro dice espressamente il titolo della legge, si rivela completamente inadeguata e fuori da ogni logica di crescita economica e sostenibilità ambientale. Per questo, unitamente a CIA nazionale che illustrerà al Governo le proposte di modifica il prossimo mercoledì 15 maggio, noi di Cia Umbria chiediamo al più presto un incontro con l’Assessore alle Politiche Agricole e alla Caccia Fernanda Cecchini per rivedere l’attuale piano di gestione delle aree protette, valutare opportune modifiche al piano di contenimento e al calendario venatorio”. “È inoltre urgente – continua Bartolini – rivedere i tempi della caccia di selezione: già a febbraio scorso abbiamo denunciato il grave danno subito dalle nostre aziende agricole dell’Umbria dalla fauna selvatica in continuo aumento e ormai fuori controllo, in particolare modo dai cinghiali, aziende beffate oltre che dalle ingenti perdite economiche anche da ritardi gravissimi per i risarcimenti, tra l’altro quasi sempre sottostimati e a dir poco insufficienti.
Per tutte queste istanze, chiamiamo tutti gli imprenditori agricoli CIA Umbria alla mobilitazione il prossimo 24 maggio“. CIA nazionale, come annunciato nel comunicato stampa, presenterà un’organica proposta di emendamenti alla Legge 157/92, non per esaurire o chiudere il dibattito, ma al contrario come base di discussione per favorire un confronto tra tutte le parti interessate a questa materia, con le Amministrazioni e le forze politiche. Sostituire il concetto di “protezione” con quello di “gestione”. Il titolo della Legge, potrebbe pertanto diventare “Norme per la gestione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”.
Oggi, rispetto al 1992, la situazione è completamente diversa. Accanto a specie da tutelare, infatti, ce ne sono altre in sovrannumero o addirittura infestanti. In questa ottica è necessario accrescere le procedure di controllo della presenza dei selvatici, valorizzando sia l’apporto di organismi scientifici competenti, sia la partecipazione democratica attiva delle diverse parti interessate. Ricostituire il Comitato tecnico faunistico venatorio, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, partecipato dai Ministeri Mattm e Mipaaft, da Rappresentanti delle Regioni e delle Province Autonome, dai rappresentanti delle parti interessate e da alcune fondamentali istituzioni scientifiche. Nello stesso tempo, chiediamo che l’ISPRA, che ha “assorbito” l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, si articoli meglio sul territorio a supporto dell’azione di governo e programmazione delle Regioni. Distinguere le attività di gestione della fauna selvatica da quelle dell’attività venatoria.
Va rafforzato il ruolo delle Regioni e delle Province Autonome, che possono delegare competenze e responsabilità a strutture ed organismi subordinati. Vanno quindi ridisegnati e ridefiniti i compiti degli Ambiti territoriali di gestione faunistica e venatoria (al posto degli Ambiti territoriali di caccia), anche assicurando loro una natura giuridica meglio definita. Va sancito il principio che, in linea generale ma valutando caso per caso, le specie di recente ibridazione non sono da conservare, ma spesso da eradicare, per l’effettiva tutela delle specie autoctone. Le attività di controllo della fauna selvatica non possono essere delegate all’attività venatoria. Il controllo, anche quando prevede l’abbattimento selettivo dei selvatici, deve essere svolto prioritariamente da personale pubblico e/o dagli addetti della vigilanza venatoria, oltre che dall’azione ordinaria della caccia selettiva. Deve essere prevista o rafforzata la possibilità di istituire personale ausiliario, adeguatamente preparato e munito di licenza di caccia, per essere impiegato dalle autorità competenti in convenzione. Maggiore autotutela degli agricoltori.
Gli agricoltori, sentito il parere dell’Ispra, devono poter essere autorizzati ad agire in autotutela, con metodi ecologici, interventi preventivi o anche mediante abbattimento con armi da fuoco, se muniti di licenza di caccia o se convenzionati con il personale ausiliario. Risarcimento totale del danno. I criteri di determinazione dei danni, le procedure e i tempi del risarcimento devono essere omogenei sul territorio regionale. La gestione dei risarcimenti deve essere di spettanza delle Regioni e delle Province Autonome, che eventualmente possono delegare competenze e responsabilità o usufruire della collaborazione di organismi ed enti subordinati. Per i risarcimenti le Regioni si servono di fondi provenienti dalle tasse di concessione all’abilitazione dell’attività venatoria, eventualmente integrati con fondi propri. Tracciabilità della filiera venatoria. Ai fini della sicurezza e della salute pubblica, deve essere regolamentato il principio secondo cui per tutti gli animali, specie per gli ungulati, la selvaggina non direttamente consumata dal cacciatore, ma in qualsiasi altro modo commercializzata ed immessa al consumo, deve essere tracciata e passare per i centri di raccolta autorizzati.