«Mi allenavo da solo in aperta campagna prima del Coronavirus, avrei potuto farlo anche adesso, ma ci vuole senso di responsabilità: dobbiamo stare in casa». A parlare così è Giovanni Pellielo, campione vercellese tra i più blasonati della storia del tiro a volo: «Questo virus ha cambiato la nostra quotidianità – dice l’atleta vercellese -. Ce l’avevano presentato come una semplice influenza: è invece qualcosa di devastante». Pellielo ha sospeso gli allenamenti: «Avrei potuto continuare, anche perché al Tav San Giovanni mi sarei allenato da solo, ma ho preferito fermarmi. Per tutelare mia mamma Santina, che ha 82 anni.
Proprio grazie a lei ho iniziato a sparare. Lei è appassionata di caccia: quando ho compiuto 18 anni mi ha regalato con grandi sacrifici il primo fucile. Grazie a lei ho potuto iniziare questa carriera che mi ha consacrato tra i migliori del mondo. Oggi tocca a me occuparmi di lei». Lui esce di casa una volta la settimana: «Per far spesa e andare in farmacia – dice -. Poi passo al campo, cinque minuti per vedere che sia tutto ok: il Tav è isolato, in campagna. Temi sempre che qualcuno ne approfitti per fare disastri. Cerchiamo di trovare il lato positivo di questo stop forzato: riscoprire i veri valori». «Johnny», che è molto religioso, cerca nella fede la forza per superare il momento difficile: lui che a Rio prima di addormentarsi leggeva il Gesù di Nazareth di Joseph Ratzinger.
Con il tiro a volo ha girato il mondo. Ora sta a casa e invita gli altri a fare lo stesso. Dal 1989, anno d’inizio della sua carriera in azzurro, ha sparato su quasi tutte le pedane dei 5 continenti: ha conquistato 4 titoli di campione del mondo, 4 medaglie olimpiche in 7 edizioni consecutive dei Giochi (bronzo a Sydney 2000 e gli argenti ad Atene 2004, Pechino 2008 e Rio 2016), 7 Trofei di cristallo e una serie infinita di altre medaglie. Nessuno come lui: trofei che quasi non si contano più. Pellielo è in vetta alla classifica dei più vincenti nel tiro a volo: manca solo l’oro olimpico. Il campione vercellese a maggio sarebbe dovuto andare in Francia, agli Europei, a giocarsi l’ultima chance per volare a Tokyo 2020: «A oggi non ho la card in mano per i giochi olimpici. Se si faranno? Io dico solo che lo sport è gioia e questa va condivisa.
Come si fa a gareggiare senza darsi una mano, senza abbracciarsi se vinci una medaglia? Senza pubblico o nessuno che ti dica bravo? Credo sia una cosa triste. Oggi più che pensare se una manifestazione si farà o meno, bisogna sconfiggere il virus. Solo dopo aver fatto questo, potremo tutti pensare ad un domani più sereno e sicuro». Lui, che era stato in corsa per portare il tricolore alle Olimpiadi di Rio 2016, a Tokyo 2020, se mai ci andrà, potrebbe aprire la sfilata dell’Italia: «Facciamo sventolare tutti il Tricolore dai nostri balconi – dice Pellielo -. Significherebbe che abbiamo battuto il Coronavirus» (La Stampa).