Nelle temperate colline della Ciociaria, precisamente nel paese di Strangolagalli in provincia di Frosinone, vive mio Zio Giuliano detto “Sansone”. Questi è un omone di enorme stazza, pieno di energie, instancabile e, nonostante abbia superato i sessanta, ha una folta capigliatura appena brizzolata: perciò gli è stato affibbiato questo soprannome. Sansone ha una piccola azienda agricola, grazie alla quale, con sforzi e sacrifici, è riuscito a portare sino alla laurea le sue cinque figlie. Egli è considerato l’ultimo campione della caccia alla volpe della zona e mi ha fatto conoscere, sin da quando ero bambino, questa particolare forma d’arte ormai desueta che, tuttavia, porta grandi vantaggi ai piccoli allevatori di pollame della zona, cui il selvatico rosso fa da spauracchio. Zio Sansone pratica questa caccia da almeno 40 anni nelle zone intorno a casa sua, in formazioni di massimo quattro o cinque persone che circondano i tanti “frattoni” – rovi di spine – di cui la zona è disseminata. Da almeno quindici anni ha una muta di beagle la cui capostipite è Rondinella, uno splendido esemplare bianco di piccole dimensioni che a sedici anni ancora seguita ardentemente!
Una mite mattina di ottobre, agli albori della stagione venatoria, usciamo in tre: zio Sansone, un suo amico ottantenne, Alfonso ed io. Alfonso porta con sé i suoi due cuccioloni di segugio maremmano: un maschio e una femmina che non lo ascoltano minimamente. Appena arrivati in una piazzola che poggia su una conca tra due collinette, Alfonso apre il portabagagli per legare con dello spago i due cani che invece guizzano fuori con foga e partono in cerca facendo perdere le loro tracce. “Disgraziati! Vi prendesse un accidente!” urla Alfonso. La nostra cacciata rischia di mettersi male: i cani ci avrebbero fatto scappare tutte le volpi della zona! Nulla avrei potuto dire ad Alfonso: le energie a quell’età non sono di certo come quelle di un giovanotto! Mi trattengo e non dico nulla: è una persona tanto più grande di me. Ciononostante, l’esplosiva passione per la caccia non fa arretrare Alfonso di mezzo passo: alla sua età continua a svegliarsi all’alba per perlustrare quegli splendidi posti e ad occuparsi con amore dei suoi amici a quattro zampe. Forse è anche per questo che mio zio lo porta con sé: un cacciatore di quell’età merita rispetto e comprensione. Alfonso, mortificato, si avvia su per una salita sterrata sulle tracce dei suoi cani, scusandosi centinaia di volte. Non ci resta che affidarci a Rondinella e alla sua banda: decidiamo di proseguire nel senso opposto, costeggiando i fianchi di una collina di querce e rovi. Avvisiamo il nostro compagno di tenere gli occhi e le orecchie aperte, perché la strada su cui si incammina è parallela al nostro percorso e piena di passatoie dove le volpi saltano in anticipo rispetto ai cani in seguita.
Perdiamo di vista Alfonso e iniziamo a battere la zona in attesa che i cani ci mostrino qualche sentore. Percorriamo in lungo e in largo la piccola altura, sino ad arrivare alla base di un’altra collina coltivata. Neanche un abbaio. Ci fermiamo ad aspettare Alfonso che non si manifesta. Perplessi decidiamo di proseguire nella cacciata, finché non riceviamo una sua chiamata al telefono: “Questo stramaledettissimo cane si è arrampicato su un albero di 20 metri di altezza! In settanta anni di caccia mai vista una cosa simile” tuona Alfonso. Scoppiamo in un mare di risate. Sansone mi guarda e risponde “Tiragli una botta e fallo saltare giù!”. Finito di scherzare, lo raggiungiamo e Sansone azzarda una spiegazione dello strano caso: il segugio era in seguita di una volpe che, agile e leggera, è salita su di un fusto inclinato ed è ridiscesa passando da altro albero.
Raggiunto Alfonso, mi spoglio del cinturone e della giacca e mi arrampico sull’albero per recuperare il cane che impaurito abbaiava. Il cane però è timoroso: appena intuisce che mi sto arrampicando sale ancora più su sino ad arrivare ai rami superiori più fragili che non reggono il suo peso. Precipita da una ventina di metri e fa un gran tonfo sul manto di foglie nella macchia. Pensiamo sia morto o per lo meno abbia riportato qualche frattura e invece mostra anche lui tutta la sua grande passione per la caccia e riparte prendendo la passata della volpe. Sansone aveva ragione, la volpe è salita e ridiscesa dagli alberi, e subito mi grida: “vai a metterti di posta al prato in fondo alla macchia, a venti metri dai frattoni”. Subito salto giù dalla pianta e accorro dove mi è stato detto. Attendo. Sento una canizza fortissima: Rondinella si è unita al segugio sull’albero nella seguita. Improvvisamente spunta una volpe a una decina di metri da una passatoia, imbraccio la doppietta e sparo il primo colpo mancandola. Che padella!
Attendo allora una frazione di secondo che il selvatico sfili verso destra e mi si mostri più grande all’occhio e tiro di seconda canna assestandogli un colpo letale. Una giornata che si stava profilando una grande delusione si è alla fine rivelata comica e divertente dal punto di vista venatorio. Sono ancora oggi colpito dalla perseveranza di quel cane che, caduto da una altezza di almeno quindici volte il suo corpo, si è rimesso sulle tracce di una malcapitata volpe facendoci riuscire l’agognata azione di caccia.
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