Roma, 1° dicembre 2022 – “Ipotizzare un passaggio della produzione attuale di munizionamento a base di piombo alle sostanze alternative oggi disponibili ci porrebbe di fronte a ritardi, scarsità di prodotti, nonché dipendenza da stati Extra-europei.” Così ha dichiarato Giovanni Ghini, Presidente di ANPAM – Associazione Nazionale Produttori Armi e Munizioni Sportive e Civili-, nell’ambito dell’evento How can we govern Europe? Le nuove sfide dell’UE” in relazione alla proposta legislativa europea volta a vietare l’utilizzo del piombo nelle munizioni civili nell’Unione, basata sulle conclusioni fornite dall’ECHA, Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche.
L’incontro si è tenuto a Roma ed è stato patrocinato dal Parlamento e dalla Commissione Europea. Durante l’evento, organizzato da EU News, Green Economy Agency e Fondazione Art. 49, un parterre di istituzioni, giornalisti, accademici e industriali ha discusso del futuro della sostenibilità e dell’economia europea, descrivendo uno scenario complesso e pieno di insidie nascoste. ANPAM, rappresentata dal suo presidente Giovanni Ghini, è stata invitata a fornire la propria testimonianza sui temi di sicurezza e difesa dell’Unione e sulla situazione di forte pressione che il settore sta subendo a causa della domanda generata dal conflitto russo-ucraino. In questo contesto, l’Associazione ha definito impensabile considerare un’ulteriore restrizione applicata alle materie prime per il munizionamento europeo, considerando anche la necessità di sostituzione dei macchinari e delle linee di assemblaggio civili, che non sarebbero più riconvertibili alla produzione di munizioni militari in tempi di necessità.
Se la proposta legislativa europea, basata sulle conclusioni fornite dall’ECHA, dovesse essere convertita in legge, i pericoli per la nostra sicurezza sarebbero reali. Infatti, secondo i dati di AFEMS – Association of European Manufacturers of Sporting Ammuniton – citati da Ghini “se immaginiamo uno scenario nel quale l’utilizzo di piombo per la produzione di munizioni verrà proibito, bisogna considerare la disponibilità e l’accesso ai materiali alternativi. Tra questi, l’ECHA, che promuove tale restrizione, elenca materiali quali l’acciaio, il tungsteno ed il rame, tra gli altri.
A differenza del piombo, che è ricavato al 50% da fonti interne, l’import dell’acciaio è vicino al 100%, con una dipendenza pressoché totale dal mercato cinese”. Mentre per quanto riguarda tungsteno e bismuto “in aggiunta alla dipendenza pressoché totale dalla Cina per l’approvvigionamento, tali materie sono state inserite nell’elenco delle Materie Prime Critiche dell’UE e dunque risulta impensabile un ricorso ad esse in larga scala a fini di produzione per il mercato militare”.
Il presidente ha sollevato anche il tema della compatibilità dei prodotti creati con metalli alternativi con gli standard NATO, sia per quanto riguarda la performance balistica che per quanto riguarda l’intercambiabilità, dichiarando che “una eventuale immissione nel settore militare di munizionamento alternativo al piombo necessiterebbe di un congruo lasso di tempo per la definizione degli standard NATO concernenti la validità del prodotto sotto il punto di vista tecnico e balistico. In base alle procedure in essere tale lasso di tempo, qualora l’alternativa fosse idonea, è quantificabile in almeno 10 anni.”
Per tutte queste ragioni AFEMS, associazione europea alla quale aderiscono realtà produttive sia di prodotti civili che il 90% dei produttori di munizionamento militare, ha proposto una richiesta di moratoria di 10 anni all’introduzione di tale restrizione. Tale lasso di tempo è necessario per consentire all’industria nazionale ed europea di individuare alternative al piombo che non rendano l’UE dipendente dalle importazioni dei paesi terzi e che non compromettano la capacità della catena di produzione in caso di aumento della domanda a causa di conflitti armati ai confini dell’UE.